martedì 29 marzo 2011

Au Jardin du Luxembourg

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Parigi l'ho amata ed odiata a fasi alterne. A volte, passeggiando per il Jardin du Luxembourg, mi dicevo che avrei voluto rimanerci per sempre, anche facendo il barbone. (...)
Una mattina, mentre stavamo seduti con Barbara su una panchina del Giardino e discutevamo animatamente in polacco, ci passò davanti un signore con una coloratissima tuta da ginnastica, le scarpe gialle e la polsiera tergisudore bianca al posto dell'orologio. Trotterellava elegantemente senza mostrare fatica, come uno che corre tutti i giorni. Con la coda dell'occhio ci guardò e rallentò l'andatura. Riconobbe la mia amica e, correndo all'indietro come un clown del circo, venne a salutarla con un sorriso sportivo, a trentadue denti. Scambiarono frettolosamente alcune frasi mentre lui continuava a saltellare sul posto. Poi riprese la sua strada di buona lena, scartando di lato con un plastico colpo d'anca. Chiesi chi fosse. - Ma non l'hai riconosciuto? E' Emil Cioran, - mi rispose. Ebbi un soprassalto di bile: - Ma come, questo disgraziato che per anni ci ha intortati col suo affascinante "Sommario di decomposizione" e sedotti con l'idea che la cosa migliore da fare sarebbe stata suicidarci, si mantiene in forma come un qualsiasi fighetto che non vuole invecchiare!-


da Vado a vedere se di là è meglio di F.M. Cataluccio ed. Sellerio


Emil Cioran
Jardin du Luxembourg  (info)
Jardin du Luxembourg ( mappa )                          
Emil Cioran
Emil Cioran ( Video )












                                                                                                                                         


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domenica 27 marzo 2011

Michael







Qui il video definitivo di "Stranger in Moscow"



giovedì 24 marzo 2011

Stazioni







Sceso dal treno a Milano, il metrò era terra di nessuno per le voci di uno sciopero poi annullato all’ultimissimo istante. Sotto le rampe della stazione Centrale mi imbattei in un violinista: alto e dall’aspetto nobile, i cortissimi capelli grigi, faceva vibrare sulle corde un’aria che mi sembrò di una bellezza struggente ( la Danza Ungherese numero 5 di Johannes Brahms, avrebbe poi detto mia madre, e me l’avrebbe fatta riascoltare da un vecchio nastro ). Ai suoi piedi c’era la custodia nera dello strumento aperta e vuota, come se nessuno avesse voluto buttare un centesimo a quell’arcangelo, o lui si fosse appena materializzato lì solo per me. Superai l’indecisione, la vergogna di dare: mi avvicinai, mi svuotai le tasche delle molte monete che avevo, e per farlo, poiché la borsa a tracolla e la cartelletta mi intralciavano, mi inginocchiai davanti a lui.








Ai margini del bosco, un colombaccio in difficoltà. Qualche pallino vagante doveva averlo colpito. Non poteva avanzare che saltellando. I movimenti comici, da cui sembrava divertito, davano alla sua agonia un carattere allegro. Mi sarebbe piaciuto portarlo via,  perché faceva freddo e si avvicinava la notte. Ma non sapevo a chi affidarlo. Nessuno avrebbe voluto saperne in quella Beace chiusa e triste. Non potevo neppure cercare di impietosire il capo della stazioncina dove stavo per prendere il treno. Ed è così che ho abbandonato il colombaccio alla sua gioia di morire.








… tre, quattro, cinque vagoni, me li contavo, la luna era nascosta dietro una nube beige dalla quale fioccava così fitta la neve, eppure quella piccola luna si vedeva sempre, come un cerchio sommerso sul fondo di un torrente che scroscia nel suo basso letto, sette otto nove, e la neve si mise a cadere così forte che per un attimo non vidi né la locomotiva né l’ultimo vagone di quel treno, undici, dodici, tredici e poi lanciai leggermente quel congegno, come se gettassi un fiore in un ruscello, calcolai con precisione, lanciai quando sotto di me comparve la fronte del vagone, che andò dentro quella cosina, che adesso stava là e portava quel treno strettamente sorvegliato verso la sua fine…








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di qui per la stazione di Amanda


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lunedì 21 marzo 2011

Alberghi

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Quelle prime due notti ad Ancona le dormii a caro prezzo in una mansardina per scrittori all’ Hotel Viados, un due stelle di cui almeno una e tre quarti sprecate.
Di stellare c’era solo il prezzo. In camera dovevo stare attento a non battere la zucca, e la doccia – se vogliamo chiamarla così – gargarizzava acqua ( fredda ) appena sufficiente a spazzolarcisi i denti uno alla volta. Era il due stelle più striminzito del mondo, ma in compenso il percorso a pennarello dell’evacuazione in caso d’incendio, attaccato al lato interno della porta, labirintava rivisitazioni cretesi, e ti conficcava dentro un’ansia apocalittica da Minotauro flambé.
Di viados, porca puttana, manco mezzo.







La collocazione dell’Hotel era comoda, niente da dire, ma le notti in quella stamberga per me erano un vero disastro. Con tutte quelle puttane su e giù per le scale a sculettare per i corridoi, il mio povero uccello pulsava come un orologio impazzito e non mi dava respiro.  Il maestro e io dividevamo una doppia, perciò mi toccava aspettare di sentirlo russare nel letto accanto, prima di poterci dare dentro. L’attesa poteva risultare interminabile. Gli piaceva parlare al buio, discutere in dettaglio le prove della giornata, e anziché occuparmi della questione più a portata di mano ( anche in senso letterale ), ero costretto a inventami risposte cortesi alle sue domande.








Io crescevo, sano e felice, in un mondo luccicante di libri illustrati, sabbia pulita, aranceti, cani amichevoli, panorami marini e visi sorridenti. Intorno a me il magnifico Hotel Mirana ruotava come una sorta di universo personale, un cosmo patinato dentro quello turchino, più grande, che sfolgorava tutt’intorno.













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venerdì 18 marzo 2011

Blog Twinning , " Statuae manent " - III puntata - " La breve odissea di James "



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"Solenne e paffuto, Buck Mulligan comparve dall'alto delle scale, portando un bacile di schiuma su cui erano posati in croce uno specchio e un rasoio. una vestaglia gialla, discinta, gli era sorretta delicatamente sul dietro dalla mite aria mattutina. Levò alto il bacile e intonò:
-Introibo ad altare Dei.
Fermatosi, scrutò la buia scala a chiocciola e chiamò berciando:
- Vieni su, Kinch. Vieni su pauroso gesuita.
Maestosamente avanzò e ascese la rotonda piazzuola di tiro. Fece dietrofront e con gravità benedisse tre volte la torre, la campagna circostante e i monti che si destavano."
                                                                            J.Joyce, Ulysses

                                                                            

La Telemachia, ovvero la prima parte dell'Ulisse, ha come scenario Sandycove, una località marina a 13 Km dal centro di Dublino. Joyce immagina che Stephen Dedalus sia ospite di Bully Mulligan nella Martello tower, una torre di guardia costruita nei primi dell'Ottocento, all'epoca della temuta espansione napoleonica.
Il personaggio di Buck Mulligan è costruito sulla falsariga di  Oliver St John Gogarty, uno studente di medicina amico di Joyce, così come Stephen Dedalus rimanda chiaramente allo scrittore. La  torre Martello era l’abitazione di Gogarty a Sandycove.
Joyce vi soggiorna nel 1904  per una settimana.                                                       


Una notte, Gogarty spara a dei tegami sopra al letto di Joyce, il quale, spaventato, raggiunge la notte stessa la famiglia a Dublino, e manda, il giorno dopo, un amico a recuperare il suo baule .













A debita distanza da Sandycove, oggi,  una statua di Joyce staziona in una delle strade centrali  di Dublino




Chissà se lo sguardo perplesso  tradisce il ricordo di quel lontano episodio...







Ulysses
James Joyce
La statua di Joyce a Dublino
Blog Twinning

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mercoledì 16 marzo 2011

Landscapes




Non ho mai visto strade lisce ed amabilili come quelle che s'irradiavano di fronte a noi attraverso la trapunta di quarantotto Stati. Consumavamo voracemente quelle lunghe autostrade, in assorto silenzio scivolavamo sul fondo nero e lucente come una pista da ballo (...)




Oltre la pianura arata, oltre i tetti giocattolo c'era un lento soffondersi di inutile bellezza, un sole basso in una bruma di platino dalla tiepida sfumatura di pesca sbucciata, e la bruma pervadeva il margine superiore di una nuvola bidimensionale grigio tortora, fusa con una lontana caligine amorosa.




A volte si profilava all'orizzonte una teoria di alberi spaziati, e meriggi torridi e immobili sopra un trifoglio, e nuvole di Claude Lorrain inscritte in un azzurro nebuloso e remoto, con le sole parti cumuliformi stagliate contro il neutro deliquio dello sfondo.








O ancora, poteva essere un severo orizzonte di El Greco, pregno di pioggia d'inchiostro, con la fuggevole visione di qualche agricoltore dal collo di mummia, e tutt'intorno strisce alterne d'acqua d'argento vivo e granturco d'un verde aspro, il tutto aperto come un ventaglio in qualche puno del Kansas.

 

 Da Lolita di Vladimir Nabokov




Qui scene dal film di S.Kubrick
El Greco



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venerdì 11 marzo 2011

- Rock Fort - by Guappecartò

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Guappecartò au petit théâtre du bonheur- Rock Fort di sbire14



O'Malamente ( Marco Sica ) - violino 
Dr Zingarone ( Claudio Del Vecchio ) - fisarmonica, tamburelli
Frank Cosentini ( Francesco Cosentini )- chitarra
Pierre La Braguette ( Pierluigi D'amore ) - contrabasso

         



"Guappecarto’ é un gruppo di musicisti nato a Perugia  nella primavera del  2004.                                                                                                                            Dopo esibizioni per strade e piazze, l'incontro con  Madeleine Fisher,  per la quale realizzano la colonna sonora del film « Uroboro ». Nascono cosi’ 19 canzoni e prende il via un’ intensa stagione di concerti.                                                                       Nell’agosto 2005, decidono di partire alla volta della Francia, dove attualmente risiedono. Provenienti da esperienze e gusti musicali diversi, Dottor Zingarone (fisarmonica e tamburelli), Frank Cosentini (chitarra) , O’ Malamente (violino) e, recentemente, Pierre La Braguette (contrabbasso),  si propongono come un laboratorio musicale cosmopolita  pur rimanendo fedeli ai suoni della propria tradizione popolare.
Amano definire la loro musica « guappa », poiché non resta vincolata a nessun genere. 





     







Qui  il sito dei Guappecartò












martedì 8 marzo 2011

Blog Twinning

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In - Gialli e Geografie - di Nela San  oggi  trovi un post  sul tema che ha dato vita al nostro gemellaggio

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domenica 6 marzo 2011

spostamenti

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Poi tutto è andato molto velocemente. (...) Uscendo dal palazzo di giustizia per salire nella vettura, ho riconosciuto un breve istante di profumo e il colore della sera d' estate. Nell' oscurità della prigione semovente ho ritrovato ad uno ad uno, come dal fondo della mia stanchezza, tutti i rumori familiari di una città che amavo e di una certa ora in cui mi avveniva di sentirmi contento. Il grido dei giornalai nell'aria già calma, gli ultimi uccelli del piazzale, il richiamo dei venditori di sandwich, il lamento dei tram nelle svolte delle vie alte (...). Si, era questa l'ora in cui, tanto tempo fa mi sentivo contento. Quello che mi aspettava, allora, era sempre un sonno leggero e senza sogni.  Eppure qualcosa era cambiato perchè con l' attesa dell' indomani era la mia cella che ritrovavo. Come se le vie familiari tracciate nei cieli d' estate potessero condurre tanto alle prigioni che ai sogni innocenti.









 Nella metropolitana, una sera, mi guardavo attentamente intorno: eravamo tutti venuti da qualche altro posto... Fra noi, tuttavia, due o tre facce di qui, sagome imbarazzate che avevano l'aria di chiedere scusa di essere lì.                 A Londra, lo stesso spettacolo.










A me, studente urbano che fin dalla quinta elementare ha preso ogni mattina la metropolitana, l' universo degli scuolabus era del tutto sconosciuto. Lo trovavo abbastanza affascinante, in senso per così dire antropologico. Ogni volta c'era questa corsa furtiva per accaparrarsi un posto in fondo, molto interessante da osservare, perchè ovviamente non era figo volere essere fighi a tutti i costi e nemmeno precipitarsi a prendere un posto : se uno era figo per davvero, le leggi ineluttabili dell' universo gli avrebbero assicurato un posto in fondo.
Io mi sedevo davanti vicino a una tizia di nome Sue Kenney, della Pennsylvania.















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mercoledì 2 marzo 2011

Una forma di vita di Amélie Nothomb

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Seguo, nel loro percorso, gli autori che mi piacciono e mi procuro, man mano che vengono pubblicate, le loro opere. Così ieri pomeriggio sono tornata a casa con “ Una forma di vita”,  il romanzo più recente di Amelie Nothomb. Per chi non la conoscesse, è una scrittrice belga. Ha trascorso diversi anni della sua vita in Giappone ed in altri luoghi del mondo ( il padre è  stato un diplomatico ) e sin da bambina ha preso confidenza con la scrittura  attraverso l’attività epistolare, in un primo tempo indotta (  la madre le chiedeva di scrivere al nonno lontano una lettera alla settimana ), poi, via via, cercata, desiderata.


Rari sono gli individui la cui compagnia è per me più piacevole di quanto lo sarebbe una loro missiva – ammesso, ovviamente, che possiedano un minimo di talento epistolare. Per la maggior parte della gente una simile affermazione costituisce l’ammissione di una debolezza, di un deficit di energia, di un’incapacità ad affrontare il reale. “ Lei non ama le persone in carne ed ossa” mi hanno detto spesso. Insorgo. Perché gli individui dovrebbero essere più veri quando li hai di fronte? (…)

Ad ogni modo, anche quando amo qualcuno al punto di vivere con lui, ho bisogno che mi scriva: un legame non mi sembra completo se non implica una quota di corrispondenza. Ci sono persone che conosco unicamente per lettera. Certo, sarei curiosa di vederle, ma non è affatto indispensabile. E incontrarle non sarebbe privo di conseguenze... In questo, la corrispondenza si riallaccia a un’ importante questione letteraria:bisogna conoscere gli scrittori?
Non c’è una risposta perché ce ne sono troppe. (…)

Con i corrispondenti regna un’ identica assenza di legge. Per natura tendo a non incontrarli, non per prudenza ma per il motivo espresso in modo sublime in una prefazione proustiana: la lettura consente di scoprire l’altro conservando la profondità che si ha unicamente quando si è soli.

da Una forma di vita di Amelie Nothomb ed. Voland )



Ho trascorso una piacevolissima serata leggendo il suo ultimo libro





.Qui qualcosa su Amélie


N.B.
La parte in corsivo è tratta da Una forma di vita di Amelie Nothomb ed. Voland