martedì 27 aprile 2010

homo faber

Perché l'utopia non si trova in nessun luogo... E se l'uomo ha una possibilità di materializzare quel luogo sognato, è solo edificandolo con le proprie mani. ( Paul Auster )

                                                                                      


                                                                   

venerdì 23 aprile 2010

Fahrenheit 451 (2)

 “... Ognuno deve lasciare qualcosa dietro quando muore : un bimbo o un libro o  un quadro, o una casa, o un muro eretto con le proprie mani ( ... ). Qualche cosa, insomma, che la nostra mano abbia toccato, in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo ( ... ). Non ha importanza quello che si fa, finchè si cambia qualcosa da ciò che era prima che noi la si toccasse in qualcos’altro, che è come noi dopo che la nostra mano se ne è staccata...” ( Ray Bradbury, Fahrenheit 451 )                                             


martedì 20 aprile 2010

Fahrenheit 451

Fahrenheit 451 è un’utopia negativa dell’americano Ray Bradbury, autore di racconti di fantascienza.
L’opera, pubblicata nel 1953, delinea un possibile scenario futuro per la società americana degli anni Cinquanta, le cui contraddizioni, già peraltro avvertibili, trovano nel romanzo la loro più matura, piena esplicazione.
La vita, nella società rappresentata da Bradbury, è profondamente segnata dall’invadenza dei mass media. Schermi televisivi, grandi quanto pareti, costituiscono l’elemento più importante delle abitazioni, divenendo il centro intorno a cui gravita ogni esistenza. Trasmissioni interattive monopolizzano il tempo degli individui, impegnandoli in una comunicazione virtuale assolutamente sterile nella sua artificiosità e banalità. La pubblicità martellante è un’altra componente di questo  sistema sociale in cui il consumo è, per le persone, un vero e proprio imperativo morale.
Persino il tempo non è risparmiato da tale logica, va infatti “consumato”, annientato, disintegrato, magari attraverso suicide corse in automobile. I tempi lunghi della riflessione, della meditazione, della osservazione attenta sono banditi dal sistema che ha bisogno, evidentemente, non di individui, ma di una massa amorfa, acquiescente, ovvero di una semplice addizione di esseri passivi, succubi del loro stesso intontimento, estraniamento, annullamento.
Una società siffatta non può che essere destinata all’autodistruzione, nemica com’è del pensiero attivo, del sentimento e dell’emozione genuini, della creazione originale, di ciò, insomma, che ogni uomo è chiamato a coltivare e difendere, ovvero la propria autenticità.
Un sistema che nega l’individuo e la sua umanità, che tende a renderne sterile, inutile l’esistenza, non può che eliminare, cancellare le espressioni, le testimonianze del pensiero, dell’esperienza individuale e, dunque, i libri.
451 fahrenheit altro non è che il grado di combustione dei libri, sui quali si accanisce la furia distruttiva dei “pompieri incendiari “di una società allora futura che ricalca, ormai, il nostro presente.

ecosistema

domenica 11 aprile 2010

Vero amore




Lui

Era lì, indeciso se far correre la mano all’altezza di 85 cm dal suolo o tenerla, bloccata, tra i fluenti capelli sale e pepe. Intorno, il vuoto pneumatico di un deserto cromato, la tavola aereometallica del soffitto azzurrognolo e più niente. “Mi sono perso”, pensò.                                                                                                                       E’ vero, aveva cazzeggiato di cucina ed oroscopi con una grigia serranda abbassata, allo scopo di oliarne i rugginosi meccanismi e determinarne la levitazione astrale,  ma solo q.b. ! Era questa una colpa? Non era forse suo diritto ritrovarsi sotto i piedi qualcosa in più di uno squallido e desolato suolo? Un’idea di arsura gli torse la bocca. E adesso?


Lei

Era lì, sotto terra, una coltre di sabbia compatta la schermava dal grigioazul della cui esistenza, pure, sapeva. Sonnecchiava, come al solito.  Il pollice in bocca e la cannuccia per l’etere nel foro slabbrato del naso. Provò a incuneare il braccio rachitico nella fessura e a saggiare con la mano l’aria. Briciole di suolo le caddero sulle palpebre. Uhm, è qui!


Lui

L’aria ferma gli pesava sulle spalle; le scrollò, come per togliersi di torno una mosca in fluttuante crisi esistenziale. Pestò un piede. Un pulviscolo grigio risalì  lungo i  pantaloni di canapa biancosale; trovò alloggio tra  pieghe concentriche che precipitavano su un’idea di Clark bordeaux .  Ops, -  spirò tra i denti- e se fosse qui?


Lei

Estrasse piano il pollice e sentì, al contatto, la consistenza delle labbra; col dito,  ne seguì la forma. Vi indugiò il tempo necessario per realizzare che l’occasione di uscire dalla tana le stava dinanzi, categorica.
Non era la prima volta, ma l’irragionevole idea che a pestare il suolo, di sopra, fosse davvero il Salvatore, le regalò qualche watt di energia e due volt di entusiasmo. Le sarebbero bastati ?


Lui

Una mosca gli cantava nell’orecchio destro un sinistro, monocorde canto. Ispirato da una nota più bizzarra delle altre, decise che sarebbe stato un bene distendersi e godersi quell’aura senza tempo, compressa in sì singolare spazio. 


Lei


Devono esserci i jeans celesti da qualche parte, la cintura con le borchie….anche la camicia bianca. Mi porto quella. Le scarpe? Non è possibile che mi sia sotterrata senza. Gnomo del cavolo! A che ti serve il mio trentanove? Va bene, esco senza.


Lei a Lui

 “Ho del tè verde e lo gnomo mi ha procurato biscotti allo zenzero preparati da suo nonno per natale.


Lui a Lei

 “ Bevi, mangia, io ti guardo”.


Lui: “ Ho sonno di te!”
Lei : “ Pure io, vieni vicino a me, ti do il mio pollice  e tu mi dai il tuo.”


Lei e lui : zzzzzzzz   ronf   zzzzzzzzzzzzzzz   ronf   zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz