giovedì 29 settembre 2016

nati sotto il segno della vergine





Voglio segnalare a amici, vicini e passanti due nuovi blog appena nati :-) Il soggetto sviluppato dal primo è subito chiarito dal titolo, l'altro ha nel nome un riferimento al melodramma puramente casuale e un'area di indagine ampia: animali,vegetali et alia nella letteratura e nell'arte.



  Enjoy! ( basta fare click sulle immagini :-)



http://operagiuliano.blogspot.it/illustrazioni di Emanuele Luzzati 
 
                                                                                                       (illustrazioni di Emanuele Luzzati)









mercoledì 28 settembre 2016

La storia ritrovata del soldato József Kiss






Una scatola di foto, abbandonata da un milite ungherese in una abitazione di un paesino sul Piave, porta in modi diversi più persone ( il curatore di una mostra fotografica, l'autrice del libro e lo stesso editore ) a dedicarsi a un uomo sconosciuto e alla sua storia. Un' esperienza di ricomposizione di un profilo umano che mostra come rincorrere ombre non sia affatto impresa priva di senso..





" E così, dopo un totale di 1800 km, inizio a rivedere paesaggi a me familiari. Penso che, paradossalmente, abbia impiegato meno tempo il soldato Kiss, in guerra con le tradotte di allora, a raggiungere l'Italia che io, cent'anni dopo, nel tragitto contrario. E questo mi fa riflettere... 
E' il tramonto quando scorgo all'orizzonte il profilo dei miei colli. Esco dall'autostrada: Conegliano. Sono a casa."

Camilla Peruch,   La storia ritrovata del soldato József  Kiss, ed. Kellermann

( Info )



domenica 18 settembre 2016

Le sette biciclette di César





Dietro la fermata, sotto lo sguardo preoccupato delle nutrie, due addetti al verde del Comune pescavano con un rampone biciclette dalle acque del Brenta. Le guance accese e il sudore abbondante parevano rendere ancora più spessa l’aria serale dei primi di ottobre. Mentre il bus ritardava, all’uscita dal lavoro, arrivai a contarne sette: numero non piccolo a pensare che il calcolo era ristretto a una sola fermata.
Dalle alghe abbondanti, dal fango e dai depositi era evidente come fossero lì sotto da anni.
Il piccolo pick-up stava a lato: avessi avuto il tempo avrei visto i due uomini caricarvi quegli ormai pesantissimi oggetti, ammonticchiarli fino a formare un intrico di ruote, freni e incrostazioni degno di una Compressione di César. Non pensavo alla reazione dei proprietari delle bici, né alle risate di chi quello scherzo avrà compiuto; non mi interessava sapere se erano finite sul fondale in un’unica volta oppure spinte da mani diverse. Quel che mi turbava era proprio César: la scena cui stavo assistendo mi riportava alla mente un corto a lui dedicato secondo il quale i suoi rottami battuti e ricomposti indicano che ogni cosa ha in potenza una seconda possibilità, una seconda vita. Le carcasse sul

Brenta sembravano completare sulla mia pelle quella tesi: era come se mi sbattessero in faccia l’evidenza che io, di vita, non stavo vivendo nemmeno la prima. Mi chiedo se esistono vite che nessuna metafora può significare, vite senza niente da dire a parte le miserie quotidiane che ognuno può appuntarsi al petto, le miserie che costituiscono il default della vita e che quindi, per definizione, non rientrano nei conti. Inutile dire che la vita al centro di quei pensieri fosse la mia; altrettanto inutile sottolineare come a tali dubbi non avessi alcuna risposta plausibile.
Ciò di cui ho invece certezza è che la vista delle bici non mi avrebbe turbato a tal punto se quella stessa mattina non avessi incontrato una persona.


Sebastiano Gatto, Le sette biciclette di César, ed. Amos


Sono le pagine iniziali di un lungo racconto  pubblicato da una interessantissima casa editrice mestrina ( qui ).

Si comincia a leggere e si va avanti guidati da una voce narrante, che è poi quella del protagonista del racconto, a cui ci si sente immediatamente legati; forse per questo il momento della rivelazione colpisce duramente anche chi legge, come si trovasse di fronte alla verità sulla propria condizione.

Un racconto ben scritto ( magari, chissà, forse anche ben letto... se, come sembra suggerire l'autore, i lettori per vizio  nella vita non entrano mai davvero
ma cercano emozioni per interposta persona ... proprio come il protagonista del racconto  )




venerdì 16 settembre 2016

Luna di giorno

Succedono cose insolite durante un'eclissi di sole e non solo in cielo...


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domenica 14 agosto 2016

gatti



Ma ancora più lontani dal mondo erano i gatti:
la loro perfezione faceva paura. Chiusi nella loro precisione e nell'accuratezza dei propri corpi, non conoscevano l'errore, nè l'anomalia. Per un attimo scendevano in profondità, in fondo alla loro esistenza, e allora immobili nel loro morbido pelo, diventavano minacciosamente e solennemente seri
e i loro occhi diventavano rotondi come la luna, assorbendo lo sguardo nelle sue fessure infuocate. 

Ma dopo appena un attimo, rigettati a riva, sulla superficie, sbadigliavano la loro nullità delusi e disincantati.                   Nella loro vita piena di grazia chiusa in se stessa non c'era posto per alcuna alternativa. E, annoiati nella prigione di questa perfezione senza via d'uscita, presi dallo spleen, sbuffavano con labbro arricciato, pieni di vaga crudeltà, sul corto muso allargato dalle strisce. 

Bruno Schulz, L'epoca geniale
ed. Vie del Vento
traduzione di Lorenzo Pompeo
                                                                                                                       

martedì 2 agosto 2016




sabato 16 luglio 2016

a colloquio con il tempo


“Austerlitz” di W.G. Sebald ha un narratore e un protagonista, il Tempo, che assume una vera e propria consistenza attraverso le manifestazioni tangibili di ciò che in lui ricade: gli esseri e i percorsi che tracciano, la cui durata è ben superiore a quella in cui sembra risolversi un'esistenza o un' azione.

Ci sono molte foto, immagini, in Austerlitz. Ci sono volti che sembrano architetture e spazi le cui geometrie sembrano parlare a chi sappia intendere il loro muto linguaggio. Leggendo, si avverte che nel passato è possibile rientrare, che è lì che ci aspetta, non meno del futuro.

lunedì 4 luglio 2016

ninna nanna da un altro mondo


foto tratta dal blog gliulianocinema



 Sogno di una notte di mezza estate ha avuto un after life di tutto rispetto. Tante le riscritture e le citazioni non solo in ambito letterario ma anche cinegrafico ( qui ) e musicale. Basti pensare che la marcia nuziale a tutti familiare non è altro che uno dei momenti dell' Ein Sommernachtstraum di Felix Mendelssohn Bartholdy . Anche Benjamin Britten ha scritto una meravigliosa versione della celebre opera shakespeariana. Mi è ritornata in mente leggendo le pagine che Alex Ross dedica al compositore inglese nel suo Il resto è rumore

" Britten crea i propri incantesimi, inventando un linguaggio di delicati rumori, scacchi armonici e melodie supremamente aggraziate che si dileguano prima di poter essere afferrate. Alla fine dell'atto II, Puck e un coro di fate danno ai quattro mortali il sonno che re Oberon definisce "una finta morte". Mentre Puck si prepara a spremere il filtro sugli occhi di Lisandro, si sente il canto:

sabato 2 luglio 2016

Blog Twinning - Statuae manent -






Clark e Claudette ( qui )  non sanno che basta un clik ( qui ) per spostarsi



( per sapere come è nato il blog twinning  clicca qui )

sabato 18 giugno 2016

Wilderness


"I primi giorni facevo lunghe camminate. (...) mi riempivo i polmoni del profumo della California, un po' americano e un po' mediterraneo, in cui l'aroma del legno rosso si mescolava a quello della salvia, della resina e degli arbusti spinosi. Il puma era un animale mitologico, la comparsa di un film western, e mi preoccupava appena un po' di più dell'altra creatura leggendaria che vive in quella terra, il serpente a sonagli. I cervi erano dappertutto, i coyote si intravedevano di giorno e si sentivano
ululare di notte, unico rumore oltre al frinire dei grilli e all'occasionale richiamo del gufo che a volte si posava sul tetto del mio studio in cima alla collina. Un mattino, uno di quei grandi rapaci notturni era stato trovato morto dietro l'edificio principale, dilaniato da qualcosa di molto più grosso di lui che
gli aveva strappato l'ala e divorato la maggior parte del corpo.
Un giorno ho fatto una passeggiata più lunga del solito. Dopo il primo tratto sul terreno aperto, sotto un sole a picco che asciugava il sangue, sono entrata nella foresta, all'ombra delle sequoie alte e dritte e delle querce gobbe e contorte, con i rami grondanti di muschio spagnolo. Là sotto stavo così bene che ho continuato a camminare senza accorgermi di quanta strada avevo percorso. E a un certo punto ho provato un senso di assoluta solitudine. Non la solitudine interiore di chi si sente solo in mezzo alla gente. No, non quella roba lì. Questa era una solitudine concreta, fisica: ero sola perchè intorno a me non c'era un accidenti di nessuno, per chilometri e chilometri. Una cosa inimmaginabile nel paese in cui sono nata, dove il cemento arriva dappertutto e dove si costruiscono case persino nei parchi nazionali. Poi ho capito dove ero finita: in mezzo alla wilderness. La wilderness era uscita dai libri, dai saggi di John Muir e dai racconti western, e mi aveva circondata. Non era più un'idea filosofica, un concetto astratto. Da un istante all'altro era diventata un luogo reale, concreto, dove, come recita il Wilderness Act, " la terra e la vita che la abita non sono in alcun modo vincolate dalla presenza umana, e dove l'uomo stesso è un visitatore non destinato a restare". Dove echeggiano rumori sconosciuti, e dove, se incontri un puma, l'unica cosa che puoi fare per difenderti è fingerti grosso e ruggire. Mai voltargli le spalle, mai scappare. Mai. (...) me l'hanno confermato. " Se incontri un puma, mi raccomando, non metterti a correre".
Così, quando nella foresta ho sentito un rumore che non era il grido stridulo della ghiandaia nè il tamburellare cavo del picchio, ma il fruscio di qualcosa che si muoveva tra i cespugli, mi sono fermata, mi sono guardata intorno e ho ruggito. chissà se è stato quello a salvarmi."


Silvia Pareschi, I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani, ed. Giunti  ( qui )



mercoledì 8 giugno 2016

Mahabharata



Arjuna: Tu dici: “ Dimentica il desiderio, cerca il distacco”; e tuttavia mi spingi alla battaglia, al massacro? Le tue parole sono ambigue, io sono confuso.
(pausa)

 Vyasa: Krishna gli dice: “Non ritirarti nella solitudine. La rinuncia non è abbastanza. Devi agire, ma non devi farti dominare dall’azione.
(riprende su Arjuna e Krishna)
Krishna: Nel cuore dell’azione, devi rimanere libero da ogni legame.
Arjuna: Come posso mettere in pratica ciò che mi domandi? La mente è instabile, capricciosa, è evasiva, febbrile, tumultuosa, tenace. Sarebbe più facile domare il vento.
Krishna: Devi imparare a guardare nello stesso modo, con l’identico sguardo, una montagna di terra e una montagna d’oro, una mucca e un uomo saggio, un cane e un uomo. C’è un’altra intelligenza oltre la nostra mente.
Arjuna: Le passioni ci trascinano lontano, oscurano e rendono ottusi i nostri sensi. Come posso trovare quest’intelligenza? Con quale volontà?
(pausa)



sabato 16 aprile 2016

domenica 10 aprile 2016

musei


"Nella mia vita ci furono varii periodi in cui credetti di essere avviato alla salute e alla felicità. Mai però tale fede fu tanto forte come nel tempo in cui durò il mio viaggio di nozze (...). 

 Augusta voleva veder tutto come se si fosse trovata in un viaggio d’istruzione. Non bastava mica essere stati a palazzo Pitti, ma bisognava passare per tutte quelle innumerevoli sale, fermandosi almeno per qualche istante dinanzi ad ogni opera d’arte. 

Io rifiutai d’abbandonare la prima sala e non vidi altro, addossandomi la sola fatica di trovare dei pretesti alla mia infingardaggine. Passai una mezza giornata dinanzi ai ritratti dei fondatori di casa Medici e scopersi che somigliavano a Carnegie e Vanderbilt. Meraviglioso! Eppure erano della mia razza! Augusta non divideva la mia meraviglia. Sapeva che cosa fossero i Yankees, ma non ancora bene chi fossi io.

(...) essa dovette rinunziare ai musei. Le raccontai che una volta al Louvre, m’imbizzarrii talmente in mezzo a tante opere d’arte, che fui in procinto di mandare in pezzi la Venere. Rassegnata, Augusta disse:

– Meno male che i musei si incontrano in viaggio di nozze eppoi mai più !

Infatti nella vita manca la monotonia dei musei. Passano i giorni capaci di cornice, ma sono ricchi di suoni che frastornano eppoi oltre che di linee e di colori anche di vera luce, di quella che scotta e perciò non annoia."

Italo Svevo, La coscienza di Zeno

domenica 13 marzo 2016

Pontormo



...alla stanza dove stava a dormire e tal volta a lavorare si saliva per una scala di legno, la quale entrato che egli era, tirava su con una carrucola, a ciò niuno potesse salire da lui senza sua voglia o saputa. Ma quello che più in lui dispiaceva agl’uomini si era che non voleva lavorare se non quando et a chi gli piaceva, et a suo capriccio; onde essendo ricerco molte volte da gentiluomini che disideravano avere dell’opere sue, et una volta particolarmente dal Magnifico Ottaviano de’ Medici, non gli volle servire, e poi si sarebbe messo a fare ogni cosa per un uomo vile e plebeo e per vilissimo prezzo. (...) Ma ancor che questo procedere del Puntormo, e questo suo vivere soletario et a suo modo fusse poco lodato, non è però se chi che sia volesse scusarlo, che non si potesse. (...)  Già non è niuno artefice obligato a lavorare se non quando e per chi gli pare; e se egli ne pativa, suo danno. Quanto alla solitudine, io ho sempre udito dire ch’ell’è amicissima degli studi. 

G. Vasari,  Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori 



Pier Paolo Pasolini cita un famoso dipinto di Pontormo in uno degli episodi di RoGoPaG (1963 ), La ricotta ( qui )


Per saperne di più fai click  qui  (  blog "Abbracci e pop corn" )


domenica 31 gennaio 2016

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foto di Cinzia :-)

domenica 17 gennaio 2016

La tela animata

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sabato 16 gennaio 2016

qui