sabato 26 febbraio 2011

Attenti al Lhupo ( quattro )

.


.

Sgrassatori di Blog  - IV puntata -
      
                                                                        racconto in 4 puntate di Lhupo




Una salutare puzza fece arretrare la testa del rettile proprio nel momento in cui si accingeva ad inghiottire la testa del malcapitato Wolfet. Alcuni istanti dopo quell’orrenda figura si disintegrò nell’aria e l’oscurità ritornò assoluta. Accesi la torcia e mi avvicinai a lui.
-E’ tutto finito, come ti senti?
Non disse nulla. Vidi che gli tremavano le mani. Si asciugò un paio di lacrime con il dorso della mano. E quando recuperò in parte la calma, disse deciso.
-Andiamo.
Camminammo non so per quanto tempo nel silenzio più assoluto e senza altre malie. Ero preoccupato. Quel corridoio sembrava non finire mai e quando vidi una fessura di luce, a non meno di dieci metri, tirai un sospiro di sollievo
Sbucammo in una piccola stanza senza finestre. Tre lati erano di muratura, mentre quello davanti a noi era composto da grossi tendaggi in velluto rosso. Ed era da quella parte che proveniva la luce insieme a voci strane e canti melodiosi.
Sicuramente dietro quel sipario si trovava il centro del labirinto, ossia la stanza della Nostalgia dimora di G, la regina.
Mi avvicinai e scostai la tenda quel tanto che bastava per non far rilevare la nostra presenza. La prima sorpresa fu che la stanza era situata a circa cinque metri dal pavimento, come un palco in un teatro. La seconda fu lo spettacolo che giunse ai miei occhi: stupefacente.
Un salone circolare alto circa venti metri, con un diametro di eguale misura, aveva per copertura una semisfera di cristallo, che con il sole al tramonto lasciava intravedere un cielo rosso scarlatto. Delle colonne corinzie in marmo bianco sostenevano il tamburo della cupola. Ogni coppia di colonne delimitava una cappella barocca arredata con stoffe e sete dai colori tenui che comprendevano tutta la gamma dell’arcobaleno.
Grandi composizioni floreali si avvitavano sugli altari dove bracieri colmi d’essenze rilasciavano nell’aria spirali di profumi intensi e inebrianti. E lassù a qualche metro dall’occhio di cristallo ondeggiava qualcosa di bianco che non riuscii a ben identificare.
-Wolfet passami il binocolo. - dissi con una punta d’eccitazione nella voce.
-Eccolo.
Lo presi quasi strappandoglielo dalle mani, e dopo aver inquadrato quella cosa un incredibile mi scivolò dalla bocca.
Vidi due nuvolette di neuroni bianchi dal cui centro partivano dei filamenti intrecciati di sinapsi che sorreggevano un’amaca anch’essa di colore bianco. Adagiata c’era la regina.
Indossava una lunghissima veste di seta bianca e aveva una gamba nuda che pencolava sensualmente nel vuoto. A portata di braccio, davanti al suo viso, c’era un portatile d’argento satinato sorretto ai lati da due putti riccioluti e volanti. E ogni volta che la regina voleva digitare qualcosa ecco che gli angioletti, con eleganti evoluzioni, le porgevano la tastiera. Il tutto oscillava armoniosamente tra musica e profumi. Ma c’era qualcosa di strano che attrasse la mia attenzione. Dei puntini luccicanti come diamanti correvano come formiche impazzite lungo l’ordito dell’amaca.
Vidi così che il tessuto era fatto di versi e parole che s’intercambiavano veloci tra di loro in un gioco infinito. Alcuni lembi della veste della regina, filtrando tra le maglie dell’amaca, raccoglievano da quel via vai perle di saggezza. E queste estremità, man mano che si avvicinavano al pavimento, si trasformavano in candide mammelle ricche di nutrimento per i commentatori che si avventavano a succhiare con avidità. 
Ogni tanto la regina lanciava in punta di dita un bacio a Einaudi che, vestito come un musicista del settecento, suonava il suo pezzo preferito.
Dietro, a meno di un metro, c’era Paul Auster. Indossava un vestito da paggio stirato di fresco ed era impegnato a sistemare la parrucca di Ludovico e a girare le pagine dello spartito.
Spesso alzava uno sguardo concupiscente verso G.
Scoppiai in una risata. Mi sentivo diabolico e malefico come Mr. Hyde.
-Wolfet passami la borsa. - dissi.
Silenzio. Mi girai e non vidi nessuno.
-Dove cazzo sei?
-Signore abbassi la voce, sto svuotando la vescica, sarò da lei tra qualche secondo.
Comparve dopo alcuni istanti che stava ancora tirandosi su la cerniera dei pantaloni.
-Che sollievo signore non so se le è mai capitato di…
-Bando alle ciance. Prepara due Cock HC da trenta con glande ruotante rinforzato…
-Rinforzato…mi sembra troppo…
-Non voglio avere sorprese, la resistenza può essere forte, e in più spennella i glandi con feronomi potenziati al mandrillo. Io preparerò un paio di granate nebulizzanti al Siliceme ( una specie di gas composto di silicone e polvere di cemento) atti ad uccidere neuroni e sinapsi in un batter d’occhio. Tra poco qui suonerà un’altra musica.
L’attuazione del piano Sturm und Drang mi metteva di buon umore. Non era il momento di farsi soggiogare da quelle musiche, dai profumi, da quelle parole che si insinuavano nel profondo dei cuori rendendoli inattivi alla realtà. Non era forse giunto il momento di risvegliare quelle menti, perse nell’oblio, con pensieri diversi da quelli che la regina irraggiava dal suo sognante mondo. Spiegazioni? Questo non era sicuramente il momento di ricorrere a spiegazioni, o calcolare freddamente quali potrebbero essere i vantaggi o gli svantaggi che un’operazione simile potrebbe portare nella vita di quelle persone. Non è forse vero che la maggior parte della gente vive in un quotidiano di merda, senza speranza di cambiare la propria sorte? E queste persone non hanno la forza di cambiare la propria sorte perché non hanno la forza di liberarsi dentro. Ebbene questo è il mio compito, sparigliare le carte, infliggere dolore, far vedere spicchi di altre realtà che ora sono sommersi da una montagna di melassa.
-I cocks sono sulla rampa di lancio, signore. - disse Wolfet con il telecomando in mano.
-Bene. Procederemo in questo modo. Al tre tu lancerai il primo HC30 in direzione della regina. - poi guardandolo dissi. - Hai regolato bene il sensore di temperatura vaginale.
-Trentasette gradi e mezzo.
-Meglio diminuire di un grado, voglio andare sul sicuro.
Wolfet con un piccolo cacciavite regolò la temperatura.
-Fatto. - disse.
-Ora ascoltami bene: dopo che tu avrai lanciato il razzo io sgancerò la prima granata verso le nuvole neuroniche, mentre con la seconda cercherò di neutralizzare le mammelle. A quel punto tu lancerai il secondo razzo nel gruppo dei commentatori. Qualche domanda?
-No! Lei ha un’idea di quello che succederà?
Allargai le braccia.
-No! Non ho la minima idea di quello che succederà. Se le cose prenderanno una piega sbagliata ce ne andremo per dove siamo venuti. Sei pronto?
-Sì!
Mi avvicinai alla tenda, la aprii di quel tanto che bastava per piazzare la piccola rampa di lancio. Nella grande stanza tutto sembrava tranquillo. Nessuno si era accorto di noi. L’apocalisse poteva avere inizio.
Diedi il cinque a Wolfet, poi alzai la mano destra e al tre la abbassai. Wolfet premette il pulsante rosso e il primo cock partì lasciando una piccola scia di fumo bianco dietro di sé. Il big bird dopo una decina di metri virò a sinistra e come un’aquila sulla preda s’insinuò tra le gambe della regina. Dopo una frazione di secondo un rumore simile a quello che fa un grosso sasso quando colpisce una serranda squassò l’aria. E dopo qualche secondo l'HC30 ricomparve con il glande attorcigliato in un volo ubriaco che lo portava verso il basso.
La cosa che più temevo si era dunque avverata.
-Cerca di riprenderne il controllo. - gridai a Wolfet. Nella sala calò, come un eco che muore, il silenzio
Lanciai la prima granata. Scoppiò beatamente sopra le nuvolette. Le particelle di siliceme si avventarono su neuroni e sinapsi come mosche sul miele scatenando un’istantanea pioggia di scintille. Subito dopo le nuvolette si trasformarono in cenere che come neve cominciò a cadere. L’amaca privata dei supporti che la sorreggevano cominciò a precipitare come un palloncino a cui fosse stata aperta l’aria.
In una delle sue pazze evoluzioni passò vicino al palco e non potei non notare lo sguardo di fuoco che mi lanciò G prima di schiantarsi sui Madredeus che, interrati fino al petto, cantavano Ao longe o mar. Due commentatori si staccarono dalle mammelle e cominciarono a sparare con la bocca perle di saggezza. Schivai con destrezza fatti i cazzi tuoi mentre a li mortacci tua ferì leggermente all’orecchio Wolfet che non emise nessun lamento. Lanciai la seconda granata che centrò le mammelle in pieno. Parole e versi, bianchi come il latte, mutarono al colore ruggine nel giro di un secondo. Un fetore acido e penetrante cominciò ad impregnare l’aria, e una babele gracchiante risuonava tra le cappelle.
Wolfet lanciò il secondo HC30 che impallinò con successo tre o quattro commentatori, non so se uomini o donne, prima di essere distrutto. Adesso di sotto stava montando un casino colossale. Sciami di commenti s’incrociavano da tutte le parti e non si capiva chi sparava e a che cosa. L’aria era impregnata di un forte odore di cultura bruciata data dalla combustione delle parole e dalla grande quantità di commenti e note musicali sparate dai commentatori.
La regina, un po’intontita, era stata portata da un paio di coraggiosi dietro l’altare di un cappella.
-Adesso sarà molto difficile catturarla. - disse Wolfet accovacciato sotto il parapetto.
-Sono d’accordo e il rischio di lasciarci la pelle è molto alto. Quelli la sotto sono molto incazzati.
Wolfet non aveva tutti i torti e per uscire da quell’inferno avremmo dovuto impegnare tutte le nostre risorse fisiche e spirituali.
-Hai ripreso il controllo del HC30 ferito.
-Non del tutto, ma un tentativo si può fare.
-Vedo com’è la situazione.
Mi affacciai con prudenza, lentamente, sopra il parapetto.
Vidi, seppur tra i fumi e macerie, che le forze si stavano riorganizzando.
-Attento! - urlò Wolfet
Feci appena in tempo a piegare la testa che raffiche di scale in do maggiore si conficcarono sul muro dietro alle mie spalle.
-C’è quel pianista che spara all’impazzata.
Wolfet armeggiò sul telecomando prima di premere il tasto rosso.
Dopo qualche istante un gemito mise fine alle raffiche
Guardai su, al centro della semisfera di cristallo, era comparsa come una pallida pupilla la luna.
-Signore che facciamo?
-Ce ne andiamo fuori di qui. Non abbiamo altro da fare ormai.
Dopo una decina di minuti uscimmo all’aperto.
L’aria fresca della sera ci ritemprò i polmoni.
Ci sedemmo al tavolino di un caffè. Ordinammo due birre.
-Signore, che le ha detto quel fumato? La cosa m’incuriosisce un po’.
Mandai giù un sorso di birra, posai il bicchiere e dissi.
-Di uccidere la regina, sua moglie.
Mi guardò di sott’occhi con un’espressione dubbiosa.
-Non mi credi?
-Signore, spero non si offenda se le dico che non me ne frega niente. - disse prendendo il boccale di birra. 







     
        QuiQui , Qui, e Qui  le indicazioni utili


 
.

16 commenti:

  1. sempre detto gli intenditori di dolci al cuchiaio hanno una marcia in più e come perdersi Paul Auster vestito da paggio?

    RispondiElimina
  2. leggerlo tutto di seguito mi ha divertita parecchio... irriverente e surreale quest'avventura dei due sgrassatori a caccia di blog culturali è davvero geniale (ma non sarebbe stato più sicuro un bel falò delle vanità alla savonarola?)... come avranno fatto, di questi tempi, a trovare siti con quella percentuale di cultura, però rimane un mistero irrisolvibile...

    fantastico il pianista che spara all'impazzata, dopo anni di citazioni della famosa frase di wilde "non sparate sul pianista", finalmente il riscatto...
    un abbraccio

    RispondiElimina
  3. mi piace più di tutto il pc della regina!
    vorrei i paggi-angeli a porgermi tastiera e luccioline.
    qualcosa di freaks, un tantino inquietante, ma nell'insieme decisamente interessante.

    RispondiElimina
  4. Sono ancora intontita e scombussolata.
    E stupefatta dalla costruzione di un mondo fantastico.
    Bellissimo tutto il racconto!
    Cara la nostra regina, dovrai sentirti piuttosto lusingata!
    :-)

    RispondiElimina
  5. @Amanda: Considero l'amicizia di Lhupo un dono della sorte. Hai ragione, è una persona speciale e sicuramente l'amore per i dolci al cucchiaio ( una leggera e "morbida coccola" ) lo sottolinea.

    @Dalloway ( ricorro non a caso al tuo letterario pseudonimo ): C'è il serio rischio che Lhupo si materializzi, visti i riferimenti colti disseminati nel tuo commento... :-))))
    Il Lhupo ha fatto altrettanto, d'altronde... ( grazie al racconto ho preso atto dell'esistenza di opere che non conoscevo, vedi le mammelle esposte alla biennale )

    @Cris: Si, rido tutte le volte che lo rileggo. E' sicuramente irriverente ma altrettanto irresistibile. Contavo sulla vostra ironia e sul piacere di leggere qualcosa di "eversivo"...

    @Duck: Veramente avevo chiesto a Lhupo di declassarmi, ma non c'è stato niente da fare. Ha scritto ( abbiamo "trattato" la questione via e-mail ) che non avrebbe messo a repentaglio la propria vita per una che fosse meno di una regina.( sic ! ). Mi sono piegata per amore dell'arte e del libero spirito creativo.

    @Carmen: Sì, Lhupo sa quali sono i miei pupilli e ne fa scempio... Quando ho appurato che aveva interrato i Madredeus ... Nè ho digerito ( nè mai potrò farlo ) la riduzione a paggio di Paul Auster!

    Saluto tutti con affetto!
    Buona domenica!

    RispondiElimina
  6. Cara Giacynta,
    Wolfet ha colpito me e tanti altri commentatori, ma io mi son ripresa ed eccomi ancora qui a leggere e commentare i tuoi bellissimi post.
    Devo fare i complimenti al tuo amico... ti ha fatto un regalo molto bello.
    Ti auguro una felice settimana

    RispondiElimina
  7. divertentissimo e inquietante... l'unica cosa che apprezzo poco sono i link, che arricchiscono ma distraggono dalla lettura (che è poi il motivo per cui temo gli ebook come qualcosa di completamente nuovo e ORRIDO, altro che "stesso contenuto con diverso contenitore" come dicono gli ottimisti...)
    Buona domenica!! :D

    RispondiElimina
  8. @Zicin: Wolfet apprezzerà il tuo spirito ( anche quello felino da 7 vite ), come l'ho apprezzato io. Lhupo mi ha sorpreso! Trovarmi protagonista di un racconto così bello mi lusinga sicuramente, anche se ne esco, insieme a voi ( sigh! ), con qualche graffio! Un bacio

    @Nick: Sono d'accordo con te a proposito degli ebook. Ho scelto di impaginare così il racconto perché l'ho pensato come una sorta di sceneggiato; per questo motivo non l'ho diviso in parti ma in puntate. Ho trovato poi divertente sottolineare la funzione "istruttiva", "culturale" del racconto, rimandando con i link a soggetti letterari ed artistici, per rendere evidente che Wolfet è della stessa pasta di chi è da lui bistrattato. ( chissà, magari si parla di sé stessi attraverso gli altri! ) Buona domenica anche a te, amico mio!

    RispondiElimina
  9. ciao Giacynta...è davvero geniale questo racconto! La cos ache mi affascina è la descrizione particolareggiata dell'ambiente magico e surreale...èerchè non scirvi altri racconti? Sei bravissima! :-) bacioni!

    RispondiElimina
  10. @Cristina: dirotto i tuoi complimenti a Lhupo che è l'autore del racconto in quattro puntate. Io ho l'unico merito di averlo pubblicato! Bacione

    RispondiElimina
  11. Te lo avevo già detto che sei perfetta per un living theatre aggiornato. Rimane il fatto che questa superba e complessa struttura narrativa, ricca di suggestioni letterarie, suona altresì come libero canto epico foriero di cultura e del bene dell'intelletto.

    RispondiElimina
  12. tagliategli la testaaaaaaaaaaaaaaaaaa

    RispondiElimina
  13. @Adriano: carissimo, per il mio ego e, naturalmente, per quello dell'autore del racconto ( non è vero, Lhupo ? ), sei un balsamo, lo sai?
    Ti abbraccio forte!

    @Antonio: Allora hai visto "Alice in the Wonderland" di Tim Burton!Dimmi che tifavi per lei, la regina rossa!

    RispondiElimina
  14. certo che essere feriti da un a li mortacci tua fa sentire dei veri eroi! :D

    RispondiElimina
  15. @TuristadiMestiere: Bisognerebbe chiederlo a Wolfet! :-))

    RispondiElimina