Il figlio di un ufficiale fucilato dai tedeschi nel settembre del '43, a Cefalonia, si reca nell'isola a distanza di molti anni dall'accaduto, nell'intento di mettere a fuoco l'immagine di un padre di cui non ha memoria. Passato e presente si intrecciano nel romanzo, così come i punti di vista dei protagonisti e dei testimoni dello sterminio della Divisione Acqui. A far da guida al figlio del tenente Puglisi ci sono una donna, Caterina Pariotis, e un fotografo italiano, custodi di molti ricordi.
Il presente: il figlio
Aveva ragione la mamma, pensavo cercando l'ombra delle tre isole da qualche parte sul mare. Le sapevo una vicina all'altra, Itaca, Cefalonia, Zante; le avevo viste nel viaggio d'andata a Patrasso, simili a bastimenti in disarmo, abbandonate alla deriva. Eravamo passati loro al largo, ce le eravamo lasciate alle spalle, a galleggiare nella scia, scure nelle loro foreste di conifere, senza la macchia di un villaggio in mezzo o il rosso di un tetto, il tracciato di una strada. Fuori dal mondo e disabitate, e avvolte in uno strano silenzio, innaturale, che io sentivo essere reso più pesante dal silenzio dei morti.
(...)
Su questa strada erano passati i camion carichi di ufficiali e soldati della Divisione Acqui , che venivano condotti alla fucilazione. Su quei camion c'era mio padre; (...) Aveva respirato quest'aria tiepida, perchè era settembre, pressapoco doveva essere una giornata come questa; un'aria incredibilmente dolce, qui sulla strada di San Teodoro, perchè la costa era ricca, oltre che di sassi bianchi e di cespugli, anche di fiori selvatici (...).
In una calma , in una immobilità totale; l'aria e il silenzio rotti soltanto dal viavai dei convogli, dei camion che andavano su e giù, da e per Capo San Teodoro, con sempre nuovi carichi di prigionieri: altri ufficiali e altri soldati da fucilare. O meglio: l'aria e il silenzio rotti dalle mitraglie che sparavano laggiù, da qualche parte, laggiù dove un tempo doveva esserci la Casetta Rossa, e che adesso non si vedeva, non esisteva più neppure quella.
(...)
Le spoglie di mio padre potevano essere dappertutto, pensavo, potevano essere anche qui, in queste acque che sciabordavano dolcemente contro il cemento del ponte. Non dentro la terra dell'isola, o insepolte in un pozzo, o bruciate in una fossa comune: ma qui sotto i miei piedi, diventate anzichè terra, acqua di mare. Ma che sarebbe cambiato, della sua morte?
Il passato: il padre
Il governo Badoglio aveva ordinato di tenere le armi e di difendersi da eventuali attacchi nemici. La Divisione non solo era in grado di difendersi, ma era in grado di disarmare, nel giro di poche ore, i granatieri di Hans Barge. Perchè dunque era stata scelta la resa? Perchè si preferiva ubbidire agli ordini del Supergrecia, anziché agli ordini del governo legittimo? (...) Gli artiglieri parlavano a voce alta, gridavano, da qualche parte alle sue spalle; parlavano di diecimila soldati contro tremila. (...) Si rivolgevano la stessa domanda: perchè ci arrendiamo?
"Per tornare a casa" qualcuno rispondeva. "Se consegnamo le armi , i tedeschi ci lasceranno tornare a casa". Ma il coro delle proteste soffocava la risposta; non ci credeva nessuno che, una volta consegnate le armi, i tedeschi li avrebbero lasciati andare via. Aldo Puglisi chiese se, per caso, qualcuno di loro non volese finire davanti alla Corte Marziale. (...) Poggiato al tronco dell' ulivo, la memoria tornata alla vecchia cascina, egli l'udiva appena, il suono di quelle voci, (...). Si disse che l'unica cosa importante, adesso, dopo tante divise, era di smettere le divise per sempre, tornare alle stanze di casa sua, (...) conoscere quel figlio straniero. Lasciare, cioè, Cefalonia ai suoi abitanti
(...)
"Voi ritenete che potremmo sopraffare i tedeschi, prendendo l'iniziativa delle operazioni ?" aveva detto il generale, e la sua voce era lontana, pareva la voce di un altro. Aldo Puglisi aveva cercato i tratti del suo volto; ma nella semioscurità dell'abat-jour essi sfuggivano a una messa a fuoco, restavano confusi ed indistinti. Invece riusciva a vedere le sue mani. (...).
Gli ufficiali avevano risposto di sì
(...). Le mani del generale si erano sollevate per metà, nella luce dell'abat-jour, quasi che a tale risposta avessero provato sorpresa. Si erano impennate, ascoltando; con incertezza erano tornate a poggiarsi sul piano del tavolo.
"Non fatevi illusioni: saremmo distrutti dall'aviazione tedesca" egli aveva detto; ma pareva fossero le sue mani a parlare. (...)
" Esponete la situazione ai vostri soldati" aveva aggiunto il generale.
(...)
La Casa Rossa dove vennero fucilati moltissimi ufficiali e soldati |
Gli Stukas erano scomparsi all'orizzonte in una danza disordinata, come giocassero; riapparvero a oriente dell'isola, in formazione ricomposta, e ancora sembrarono puntare direttamente senza dover cercare, sui loro obbiettivi. (...)
(Aldo Puglisi) Affacciato al campanile (...) osservava dinanzi a sè una Cefalonia inedita, quasi completa nella sua ossatura di tetti e di strade, di colline, di mare, di pianure, di boschi. E si meravigliò che quell'isola, questa piccola isola, potesse contenere una guerra. Probabilmente gli venne di pensare, probabilmente sarebbe colata a picco, se gli Stukas avessero continuato un pezzo a bombardarla ;(...)
Si, si era detto, (...) ; il generale aveva avuto ragione, e adesso tutti loro, con Cefalonia, sarebbero affondati nelle acque del Mediterraneo. (...) O forse, si chiese ancora una volta, il generale era davvero colpevole, colpevole di aver perduto troppo tempo in trattative, in tentativi di accordo; consentendo ai tedeschi di rinforzarsi? Non sapeva rispondersi; (...)
Ci fanno a pezzi, pensò. Se non cala presto la notte, ci fanno a pezzi.
(...)
Il vallone di Santa Barbara |
Durante la notte si accesero i falò. Il primo, e più vasto si accese dalle parti di Trojanata, sulle colline. Nella vampata bianca della benzina apparvero improvvisamente i tetti del paese, che si ammucchiavano di sbieco addosso al campanile della chiesa, e gli uliveti e la strada. Altri falò, più piccoli, bruciarono nel vallone di Santa Barbara , che si apriva profondo sotto il contrafforte dell'Enos; bruciarono a Kardakata, a Kuruklata; e, anche, in alcuni punti imprecisati, senza nome, del Dafni. (...)
Le parti in corsivo sono tratte da "Bandiera bianca a Cefalonia" di Marcello Venturi , Oscar Mondadori
Capo San Teodoro |
Per saperne di più....
LIBRO BELLISSIMO
RispondiEliminaGrazie tante. Confesso la mia ignoranza. Per anni a Bologna sono passata dalla via dedicata ai "Caduti di Cefalonia" prima che mi venisse la curiosità di saperne di più. Ho letto, poi, sui libri di storia di una vicenda terribile, commovente. Ora leggerò il libro che tu consigli. Il ricordo, certe volte, è indispensabile. E'un dovere.
RispondiEliminaUna pagina assai triste e che per molto tempo è sembrata essere stata inghiottita e dimenticata dalla storia.
RispondiEliminaGrazie per averla ricordata.
Bisogna riportare alla luce queste pagini tristi, ma che raccontano cose che non vanno assolutamente dimenticate. E tu sei bravissima
RispondiEliminaCara Giacynta, ogni volta che passo da te scopro cose nuove ed interessanti.
RispondiEliminaGrazie.
Un bacio
Ho conosciuto persone che si salvarono per miracolo dal massacro compiuto nelle Isole Ionie. E' più che giusto ricordare, perché fu Resistenza, come lo fu anche l'internamento di 600.000 soldati italiani ad opera del Terzo Reich. In più, la selezione da te operata attesta un'opera densa di forte ispirazione e di accorata partecipazione.
RispondiEliminaMi sono avvicinata a questa drammatica vicenda per motivi personali. Sono stata nell'isola qualche anno fa, sulle tracce di qualcuno, proprio come il protagonista del bellissimo romanzo di Venturi, un autore, che non ha avuto timore, durante la propria esistenza, di prendere posizione contro i totalitarismi ideologici e culturali. Nel suo romanzo appare evidente il suo rifiuto della guerra, intesa per quello che è, un massacro. La vicenda di Cefalonia porta in campo le responsabilità dei motori primi del conflitto : la politica di potenza, il nazionalismo, il razzismo. Sono questi i "sarti" delle divise, quelle indossate da uomini che si ritrovano impossibilitati a trovare un modo per sfuggire ad un destino già segnato.
RispondiEliminaC'è qualcosa di fatalistico in questa vicenda, una rassegnazione ad un destino segnato. Eppure c'è anche una dignità nella risposta che non si capisce bene dove venga sempre ripescata nel fondo di un popolo tanto incline alla rassegnazione di fronte al potere...
RispondiElimina@Guglielmo: dall'isola sarebbe stato difficilissimo andarsene. La Divisione non poteva contare nè sul sostegno del governo Badoglio, nè sugli inglesi. I soldati penso fossero consapevoli di questo. Nel cielo, poi, gli Stukas... E' che in certe situazioni non ci si dovrebbe cacciare. La dignità forse è nel riuscire a sostenere questa elementare verità.
RispondiEliminaA Cefalonia c'è ancora memoria di ciò che è successo. Gli italiani sono ricordati (almeno dalle persone con cui ho avuto modo di parlare ) con una certa simpatia, sembra strano, ma è così. E' strano, perchè, tutto sommato, erano truppe di occupazione. Dopo l'armistizio dell'8 settembre, gli italiani si ritrovano a dover coesistere con i tedeschi, non più alleati ma potenziali nemici. Un rovesciamento di prospettiva oggettivamente difficile da gestire, in un'isola, poi, e con il governo italiano a Brindisi... Una situazione paradossale che rende evidente tutte le contraddizioni, gli sbagli, le responsabilità, non solo e non tanto di chi si trovò a prendere decisioni a Cefalonia, ma soprattutto degli artefici del II conflitto mondiale e, se vogliamo, le responsabilità di un popolo in "divisa"...
C'è qualcosa di molto commovente a leggere queste frasi. I piani temporali divisi, lontani e al tempo stesso vicini. Posso immaginare che il tuo viaggio abbia suscitato commozione. Io ne ho provato in Normandia, dopo aver letto il romanzo sul D-Day. Là non eravamo coinvolti direttamente, eppure, lo stesso, le morti in guerra mi fanno tutte e sempre questo effetto. Sarà per questo che provo sempre un brivido sentire affermazioni come: "guerra-per-necessità" Un abbraccio.
RispondiEliminaUn episodio triste, ma in qualche modo ci fa onore.
RispondiEliminaciao
grazie per queste lezioni di vita e di storia.
RispondiEliminae per la bellezza di questo blog.
cb
Anch'io non credo alle guerre per necessità. Penso che possa esistere un modo diverso di stare al mondo. Vi abbraccio con affetto e vi ringrazio.
RispondiEliminaTutte le guerre sono anche fatte di queste tragedie assurde e incomprensibili.
RispondiEliminaOggi la tecnologia a pedali di Blogger è impazzita e s'è mangiata il mio commento. Torno a dirti che non conoscevo il libro, e se lo leggerò sarà tutto merito tuo.
RispondiEliminaUn abbraccio! :D
Grazie, cari amici. Vi abbraccio.
RispondiEliminaE' vero, come scrive Grazia, che a Bologna c'è una strada chiamata via Caduti di Cefalonia.
RispondiEliminaOra anch'io leggerò questo libro che tanto bene hai segnalato, cara Giacy.nta.
Ti ringrazio e ti abbraccio,
Lara
In attesa ( fiduciosa ) che venga ritrovato ciò che è misteriosamente "scomparso" da questo post, saluto e ringrazio tutti coloro che hanno lasciato il loro commento qui o nel precedente post e che non ne vedono più traccia.( sembra che i gestori della piattaforma blogger abbiano avuto in questi giorni qualche problema )
RispondiElimina@Lara: Ti piacerà, ne sono convinta. Bacione e buon weekend.