Negli anni
Venti e fino al termine degli anni Trenta , nei Sassi di Matera tutto scorreva uguale, con l’andatura lenta
dei traini di ritorno dalla campagna;
questi, una volta a destinazione, venivano allineati sempre allo stesso modo,
lungo le pareti della strada, con le barre rivolte verso l’alto .
Di sera,
nelle giornate fredde, la famiglia si riuniva e i piedi di ognuno erano
poggiati sulla pedana di legno che circondava il braciere, mentre le mani erano
impegnate a sostenere il piattino con la “fedda rossa” cosparsa di olio: la
cena abituale.
Era sempre la mamma ( qualche volta la nonna ) che aveva il compito di tagliare delle belle fette di pane e di poggiarle sul triangolino di ferro infisso sulla carbonella ardente del braciere. Le bruschette venivano gustate da tutti, non c’era nessuno che rinunziava, anzi ognuno ripeteva l’operazione, fino a quando durava il calore del fuoco. I “grandi” ( gli adulti ) alternavano i racconti di ciò che era accaduto durante il giorno a fatti dei tempi passati, bevendo un buon bicchiere di vino.
Le riunioni si allargavano durante l’estate, perché le famiglie del vicinato trascorrevano all’aperto le lunghe e calde serate, attorno a un vecchio pozzo, oppure a un piccolo tavolo di pietra sul quale erano poggiati recipienti di varia grandezza contenenti acqua e del buon vino leggero, ma anche una piccola cesta piena di “canceddr”, biscotti salati preparati per allietare tutta la compagnia.
Le famiglie a quel
tempo erano numerose e si faceva presto a formare un bel gruppo di persone
. C’era chi esprimeva la propria gioia
considerando :” Ma ià prepriy bell quon sim assaiy, p’ccià nan stem mey ciutt,
semp a ch’ntè fottr” ( è bello quando siamo tanti, non stiamo mai zitti, sempre
a raccontare fatti ). Era sempre la mamma ( qualche volta la nonna ) che aveva il compito di tagliare delle belle fette di pane e di poggiarle sul triangolino di ferro infisso sulla carbonella ardente del braciere. Le bruschette venivano gustate da tutti, non c’era nessuno che rinunziava, anzi ognuno ripeteva l’operazione, fino a quando durava il calore del fuoco. I “grandi” ( gli adulti ) alternavano i racconti di ciò che era accaduto durante il giorno a fatti dei tempi passati, bevendo un buon bicchiere di vino.
Le riunioni si allargavano durante l’estate, perché le famiglie del vicinato trascorrevano all’aperto le lunghe e calde serate, attorno a un vecchio pozzo, oppure a un piccolo tavolo di pietra sul quale erano poggiati recipienti di varia grandezza contenenti acqua e del buon vino leggero, ma anche una piccola cesta piena di “canceddr”, biscotti salati preparati per allietare tutta la compagnia.
Quando qualcuno
mancava, tutti avvertivano un senso di vuoto che, però, durava poco : si sapeva
che il giorno dopo si sarebbe stati di nuovo insieme, al completo.
Agli inizi degli anni Quaranta, però, le
assenze diventavano sempre più numerose: c’era la guerra. A ciò si aggiungeva
anche il fatto che molti giovani, quelli che non erano stati ancora chiamati
alle armi, trovavano lavoro fuori dalla propria terra. Le riunioni del vicinato non furono più frequentate e
anche in casa, in seno alla famiglia, i componenti diminuivano sempre più.
Emanuele non accettava questo cambiamento e con tutte le sue forze cercava di
riprendere le abitudini di una volta. La moglie gli diceva: “ Manual, ià
sbagliet u pinzir tiy, nan s pot sciy all’andrat” ( Emanuele, è sbagliato il
tuo pensiero, non si può tornare indietro !” ). Emanuele, però, caparbio
com’era, un po’ alla volta, organizzando
sedute all’aperto, sempre nel vicinato, riuscì a convincere i più anziani e qualche
persona nostalgica a tornare a riunirsi. Sembrava di essere come ai vecchi
tempi e tutti gli erano riconoscenti: “ Manual, ce t ma dysc, s stet prepriy
brev! Siy riyscit a fè na cosa ban! P’tm stè natè nata vet nzemm, pir ca sim
chiuppuch!” ( Emanuele, cosa dobbiamo dirti, sei stato proprio bravo! Sei
riuscito a fare una cosa buona! Possiamo stare un’altra volta insieme, anche non siamo in tanti! ) Emanuele rispondeva che non bisognava preoccuparsi del fatto
che erano rimasti in pochi e, forse anche per confortare se stesso, aggiungeva: “ Chiuppucch sim, chiu’ bell parim!” ( meno
siamo, più belli sembriamo ! ) . Non durò a lungo la piacevole usanza di
riunirsi nel vicinato, sia pure in maniera ridotta; negli anni Cinquanta ci fu
“ lo sfollamento dei Sassi” e le famiglie andarono ad abitare nei condomini.
Anche Emanuele si dovette rassegnare, ma nelle sue orecchie spesso ritornava la
frase giocosa dei tempi andati : “ Ma ià prepriy bell quonn sim assaiy…”
Pierino
Provavo già affetto per Pierino, ma dopo questo post sembra uno di famiglia. :)
RispondiEliminaSono a Matera per qualche giorno e indovina cosa ho portato a papà in regalo?. Papà ti ringrazia, il tuo commento lo ha commosso; ti abbraccia e ti chiede di salutare Corradino:)
RispondiEliminaSono stato a Matera a Pasqua. E' una bellissima città e ritrovarla in questo tenero racconto mi fa molto piacere. Ciao. Paolo
RispondiEliminaNon ho visitato i sassi nel mio viaggio di 2 anni fa in basilicata. Adesso una piccola visita l'ho fatta e nel modo migliore, nella casa di Pierino.
RispondiEliminastruggente
RispondiElimina@Paolo: sebbene Matera sia diventata una meta turistica, ha conservato per certi versi la tranquillità e l'andamento lento di una volta. Certo, i traini non ci sono più e le macchine sono dappertutto...
RispondiEliminaGrazie!
@Guglielmo:papà di aspetta, allora, per offrirti davvero canceddr e fedda ross:) Grazie!
RispondiElimina@Amanda: papà ti ringrazia per il tuo commento:) so che racconti come quelli di mio padre, ti fanno pensare ai tanti che hai ascoltato da bambina dai tuoi nonni. Magari nelle tue zone non c'era il vicinato ma il filò penso proprio di sì:)
C'era una volta in America, pardon, in Matera. Racconto epico e corale.
RispondiEliminaBellissimo, mi è venuto in mente il racconto del nonno del mio consorte, quello dell'aringa sospesa e ondeggiante sul tavolo, sequenza ritratta anche nel film Novecento.
@Nela: rivedrò quella sequenza, allora!:) Grazie, gemellina:)
RispondiEliminaÈ un racconto che fa stare Bene. Come il disegno "Chuppuch sim, chiù bell parim". Un caro saluto al tuo papà per questo regalo. Spero un giorno di riuscire a visitare Matera. Buona settimana :*
RispondiEliminaSanta: Anche papà ti saluta e ti ringrazia:)Sei molto gentile!Buona settimana anche a te:)
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