giovedì 13 maggio 2010

"Per chi suona la campana "di E. Hemingway

Robert Jordan, docente di spagnolo in una università del Montana, lascia gli U.S.A. per arruolarsi nelle Brigate Internazionali. Morirà sulle colline tra Segovia e Madrid dopo aver fatto saltare un ponte, obiettivo strategico. Di Robert vengono narrati gli ultimi tre giorni di vita, quelli trascorsi preparando l’azione di guerra con i partigiani della banda di Pablo. Pur dandosi un tempo del racconto così breve, Hemingway, tuttavia, riesce, attraverso lunghi flash back ed intensi monologhi interiori del protagonista, a restituire un’immagine abbastanza definita della guerra civile spagnola e dell’ampio e variegato ventaglio di forze che supportavano l’esercito repubblicano. L’attenzione si concentra, in particolare, sui partigiani spagnoli che presidiavano il territorio occupato dai franchisti. Con loro, gente del popolo, senza istruzione, Robert, l’intellettuale, condivide gli ultimi giorni; tra loro trova Maria, la donna che gli farà provare un sentimento profondo, un amore pieno. Pablo, Anselmo, Pilar sono le figure meglio tratteggiate, quelle che incarnano l’anima popolare spagnola. Anselmo disarma per la sua semplicità. E’ l’uomo su cui Jordan sa subito di poter fare affidamento. Anselmo uccide solo se deve farlo; è animato da un sentimento di umana pietà che si estende anche ai suoi avversari. E’ il personaggio attraverso il quale Hemingway rende subito evidente il tema di fondo del romanzo, ovvero la crudezza della guerra, carattere costantemente emergente nelle diverse situazioni narrative e che tiene distante Hemingway dalla rappresentazione in chiave agiografica della resistenza repubblicana. Crudo è il resoconto che Pilar, la donna anziana del gruppo, fa della pubblica “mattanza” di fascisti ad opera dei partigiani guidati da Pablo, supportati dagli abitanti inferociti del paesino appena liberato. La sequenza è particolarmente significativa per l’attenzione prestata da Hemingway nel tratteggiare umori e reazioni della folla. E’ evidente che all’autore interessa descrivere la dinamica che determina le azioni,le motivazioni riposte, quelle non dichiarabili o non manifestabili che nelle situazioni estreme. Illuminante, a questo proposito, è il modo in cui Hemingway descrive Golz il generale delle Brigate Internazionali che ha affidato a Robert la missione di far saltare il ponte per rendere più agevole l’offensiva nella zona di Segovia. Nella parte finale del romanzo, il generale sovietico, pur potendo e dovendo fermare l’azione bellica, preferisce darle corso per non comprometterne il perfetto ordito, per non interrompere il sofisticato meccanismo già avviato. Golz sembra avere della guerra una visione estetica, tanto da portarne in secondo piano la funzione ideale, quella di battaglia per l’affermazione di princìpi democratici o per la tutela di quelle stesse vite in nome delle quali si dice di combattere. Le ragioni ideali, nel romanzo, continuamente si misurano con il fattore umano, con la fragilità dell’uomo, dando la sensazione che Hemingway dello scenario della guerra civile si serva essenzialmente per approfondire la conoscenza dell’uomo, dei suoi sentimenti, dai più elementari ai più complessi, dei moventi più oscuri delle sue azioni. La guerra civile diventa, in questo senso, una sorta di laboratorio ideale visto che, proprio in un contesto del genere, l’uomo si trova, volente o nolente, ad uscire allo scoperto, ad  affrontare se stesso e a mettersi alla prova. Non è un caso che in più momenti del romanzo venga sfiorato il tema della corrida. Come in guerra, nella corrida, vita e morte si guardano in faccia, si confrontano, si misurano. A portare il torero nell’arena è la volontà di affrontare la propria morte e poterle opporre la propria vitalità, la propria energia che  avverte tanto più forte quanto più si sente in grado di sostenere la vista della morte. L’ultima immagine che Hemingway ci lascia di Robert è quella di un uomo che, in modo non dissimile da un torero in un’arena, guarda venirgli incontro la morte e sente di dover ringraziare la vita per avergli dato l’intensità dell’amore di Maria, per avergli consentito di aver consapevolezza di sé e della propria forza fino alla fine.




La guerra civile spagnola ( 1936- 1939 )

Negli anni Trenta, in Spagna, le forze progressiste  riuscirono a  scardinare l’egemonia della destra conservatrice. Nel 1931 fu proclamata la Repubblica e, nelle elezioni del 1936, il Fronte popolare, composto da repubblicani, socialisti, comunisti, anarchici, riuscì ad ottenere la maggioranza dei consensi. Si formò dunque un governo di orientamento democratico con l’appoggio esterno dei socialisti.
La guerra civile scoppiò quando le forze di destra ( falangisti ), guidate da Francisco Franco, tentarono di riprendere con la forza il potere . Il generale Franco occupò con le truppe a lui fedeli diverse regioni della Spagna. La guerra civile proseguì per tre anni. Le forze di destra poterono contare sull’appoggio di Germania ed Italia. Il Fronte popolare ebbe l’aiuto dell’URSS e delle Brigate internazionali, formatesi grazie al concorso di volontari provenienti da tutto il mondo. Hemingway era uno di questi.
La guerra si concluse con la vittoria della destra. Tra i motivi dell’insuccesso del Fronte popolare, le divisioni interne, ben documentate da George Orwell nel suo “ Omaggio alla Catalogna “.




Nel titolo, viene ricordato uno scritto di John Donne, poeta inglese ( 1573- 1651 )                  

"Nessun uomo è un'Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra. Se una Zolla viene portata dall'onda del Mare, l'Europa ne è diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto, o una Magione amica o la tua stessa Casa. Ogni morte d'uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell'umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa suona per te."

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