martedì 13 marzo 2012

esperimento di finzione

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Forse non è la cosa più sensata, da parte di uno scrittore che scrive soprattutto romanzi, confessare che gli sembra sempre molto strano non soltanto scriverne ma anche leggerne. Ci siamo abituati a questo genere ibrido e flessibile da almeno trecentonovant'anni, da quando nel 1605 uscì la prima parte del Chisciotte nella mia città natale, Madrid, e ci siamo così abituati che consideriamo normale il gesto di aprire un libro e di cominciare a leggere ciò che non ci si nasconde che è finzione, vale a dire qualcosa di non accaduto, che non ha avuto luogo nella realtà  ( ... )
Perchè continuiamo a leggere romanzi, e ad apprezzarli e a prenderli sul serio e persino a premiarli, in modo sempre meno ingenuo? (  ... )
Forse è vero piuttosto che i romanzi succedono per il fatto che esistono e vengono letti e, a ben vedere, con il passare del tempo ha assunto più realtà Don Chisciotte che qualunque altro dei suoi contemporanei storici della Spagna del XVII secolo; (...)
Vi sono momenti in cui alzo lo sguardo dalla macchina da scrivere e mi estranio dal mondo da cui sto emergendo, e mi domando come, nella mia età adulta, possa dedicare tante ore e tanta fatica a qualcosa di cui il mondo, me compreso, potrebbe fare tranquillamente a meno. ( ...  ) Come, secondo la definizione dell'attività letteraria data dal romanziere e saggista e poeta Robert Louis Stevenson, possa starmene "a giocare in casa, come un bambino, con della carta". Ogni scrittore è ancora di più lettore, e lo sarà sempre : abbiamo letto più libri di quello che potremo mai scrivere, e sappiamo che quell'interesse, quell'appassionarsi, è possibile perchè lo abbiamo sperimentato centinaia di volte; e che talvolta comprendiamo meglio il mondo e noi stessi attraverso quelle figure fantasmali che percorrono i romanzi o quelle riflessioni fatte da una voce che sembra non appartenere del tutto all'autore nè al narratore, cioè, non del tutto a nessuno di loro. Scopriamo anche forse che scriviamo perchè alcune cose possiamo pensarle soltanto mentre lo facciamo, anche se quando a volte mi domandano, molto spesso, perchè scrivo,preferisco  rispondere che lo faccio per non avere un  capo e per non alzarmi presto. Oltretutto, credo che sia vero, molto più di quanto ho appena finito di dire.


Javier Marías 






( dal discorso pronunciato a Caracas il 2 agosto 1995, durante la cerimonia per la consegna sel premio R. Gallegos )




Intervista all'autore

18 commenti:

  1. Leggere e scrivere dei romanzi o dei racconti è come addentrarsi in una realtà parallela che non esiste ma che paradossalmente riesce a farci aprire gli occhi; su alcuni aspetti che sarebbero stati distrattamente ignorati ...

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  2. scrivere è follia! si cura leggendo

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  3. " abbiamo letto più libri di quanto riusciremo a scrivere": mi piacciono gli scrittori che sono anzitutto dei lettori.I miei preferiti. Tolstoj, Borges, Proust, Stevenson...sono anzitutto degli appassionati di letteratura e si ha l'impressione che scrivano anche per raccogliere nei loro libri tutto quello che hanno letto.
    Marias lo conosco pochissimo. Purtroppo, ormai, più che leggere, rileggo.Forse è l'ora che riprenda a scoprire anche la letteratura contemporanea. Grazie tante

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  4. Non ho ancora letto niente di suo, ma lo farò. Mi trovo in totale sintonia con le parole del brano riportato da te, e ancor di più con le cose che dice nell'intervista (a cominciare dalla passione per il calcio... :D)
    Splendido l'elogio della Lentezza (anche se io scrivo, anche, al computer).
    E lasciami dire quanto sia bello sentire uno spagnolo parlare così bene Italiano!
    C'è più amore per la nostra lingua all'estero che non fra i neo trogloditi di Lobotom-italY.
    Mi ha fatto pensare al suo connazionale, mio e suo collega, che ha letto il mio romanzo nella mia lingua e l'ha recensito nella sua.
    E ai poveri idioti che vorrebbero farci parlare solo angloide, in nome della produttivitA' e della kompetitivitA'.

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  5. "consideriamo normale il gesto di aprire un libro e di cominciare a leggere ciò che non ci si nasconde che è finzione"
    "qualcosa di cui il mondo, me compreso, potrebbe fare tranquillamente a meno."
    Ecco, stavo pensando ai graffiti di trentacinquemila anni fa, a cosa servivano? A niente. Ma l'essere umano senza l'immaginazione e la facoltà di fare cose inutili sarebbe solo un animale.

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  6. Lo invidio e sottoscrivo quello che dice: giocare in casa con la carta ...fantastico.

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  7. Non ho ancora letto niente di J. Marías, ma ci sono persone che conosco e stimo, le quali ne parlano benissimo - dunque colmerò presto la lacuna...
    Interessante ciò che dice nel brano che hai riportato. Per essere buoni scrittori - a mio avviso - bisogna anche, anzi prima di tutto, essere appassionati lettori.
    Certo, come lui dice, c'è un qualche "mistero" nella passione che nutriamo verso la narrativa, cioè verso testi che ci descrivono mondi possibili ma immaginari; e il "mistero" sta tutto, come sottolinea Marías, nella nostra consapevolezza. Non ignoriamo neppure per un attimo che si tratta di "Ficciones" (per dirla con Borges), eppure da tali "finzioni" siamo catturati, intellettualmente, emotivamente, talora persino sensualmente, ecc.
    Abbiamo bisogno di parole che inventino mondi, insomma: la nostra razionalità deve accettare questo fatto senza sentirsene minacciata, anzi...!
    Mi ha attratto poi particolarmente - a proposito della "forza" e della necessità dell'immaginario - questa considerazione dello scrittore: con il passare del tempo ha assunto più realtà Don Chisciotte che qualunque altro dei suoi contemporanei storici della Spagna del XVII secolo.
    Com'è vero... I governanti, gli intriganti, i faccendieri e i cortigiani della Spagna di allora - tutta gente in quel tempo potente e temuta - sono inesorabilmente dimenticati, condannati dal tempo impietoso; invece Don Chisciotte non solo è sopravvissuto ma rappresenta, dalla apparente distanza della sua "irrealtà", il mondo "reale" di allora, il suo spirito, il suo sentire.
    Chissà della nostra epoca quale personaggio letterario rimarrà ai posteri... Sarebbe un bello spunto per un sondaggio :-)

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  8. @Francesco: si legge ad occhi aperti, infatti. L'espressione che hai usato, " aprire gli occhi ", è quanto ma appropriata e dice molto sulla natura dell'attività.:)

    @Antonio: prendo atto del circolo vizioso. Non so davvero cosa risponderti, mi sembri molto convinto.:))

    @Grazia: leggendo Marías, si ha davvero l'impressione di trovarsi in una biblioteca. Non l'hai mai letto, ma ne hai già colto le intenzioni.:)

    @Nick: ho appena iniziato anch'io. Sto leggendo " Domani nella battaglia pensa a me". Ho trovato, in appendice al testo, lo scritto che ho riportato ( anche se solo in parte ) nel post. Sai che mi ricorda molto vagamente il nostro amato Paul? Una sorta di Auster latino. Nel romanzo che sto leggendo campeggiano il caso, il tempo, il singolo momento che determina una deviazione nella direzione dell'esistenza... manca lo stile asciutto di Paul.
    Ho notato anch'io il suo italiano. Un miracolo, effettivamente, vista la diffusione del linguaggio unico.:)
    p.s.
    La recensione che ti riguarda è quella di Félix Romeo?

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  9. @Ruhevoll: è un tema che in modo più o meno diretto campeggia nel tuo blog e a cui, so, tieni molto. E tu sai che la penso come te.:)

    @Ally: bello che abbia citato Stevenson. Mi piace che scrittori si appoggino ad altri scrittori. E' l'unica confraternita che mi ispiri fiducia. :)

    @Ivaneuscar: grazie per il tuo commento. Non ho potuto riportare integralmente il discorso di Marías ma è centrale proprio la questione che tu poni. E' una legittimazione della letteratura, dell'attività della scrittura e della lettura che ho trovato illuminante; assolutamente da diffondere, specialmente in questi tempi di intriganti e faccendieri . Interessante il tuo sondaggio. Inizio a pensarci... :)

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  10. Perché si scriva non mi é, nonostante molti tentativi di comprensione derivanti da tante letture, ancora chiaro. Ancora più misteriosa é l'aura che circonda un artista. Ma leggere, leggere é bellissimo e si può dire in mille maniere!

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  11. Le parole Marias mi ricordano in qualche modo quelle di Borges,che sosteneva una specie di primato della lettura sulla scrittura,definendo la prima un'attività più colta e più civile.Forse perchè scrivere, per chi lo fa, è come respirare, un bisogno essenzialmente fisico,mentre leggere è soprattutto passione e impegno.

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  12. Sì, è quella di Felix :)

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  13. @Adriano: ... o scrivere in mille maniere:))

    @Nick ( black ):si, scrivere è una necessità, è qualcosa di connaturato, "genetico" ma penso anche che la scrittura non possa prescindere da una sensibilità che per divenire acuta e raffinata deve nutrirsi quotidianamente di passione e impegno :)

    @Nick : il link del tuo Open space non è attivo. Non è comunque un problema reperirlo ugualmente.:)

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  14. Mistero... devo ricordarmi di parlarne a chi mi cura il sito...

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  15. Bello. JM è un maestro della riflessione metaletteraria a voce alta. Anche i suoi romanzi sono infarciti di riflessioni sulla scrittura e sul valore e il senso della letteratura.

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  16. @Aitan: me ne sto accorgendo... :))
    Ti invidio perchè tu puoi leggerlo in lingua originale!

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  17. il mistero della scrittura, la mente che insegue se stessa
    e leggere il progetto di un'altra mente, vederlo realizzato nelle innumerevoli sfaccettature della parola.
    è meraviglioso, tutto ciò!

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  18. @Cristina: negli scritti ci si muove, in effetti, da scrittori e da lettori. E' vita. Ti abbraccio.:)

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