Il mio passaggio da Londra a Filadelfia fu lungo, disastroso e pieno di fastidi e d'affanno. Non durò meno d'ottantasei giorni, nell'intero corso de' quali tutti quegli agi mi mancarono, che l'età mia, lo
Si preparò sul cassero quel convito. Una tavolaccia sciancata di pino tarlato, una tovaglia più nera della camicia d'un carbonaro, tre tondi screziati di terracotta e tre posate di ferro di già irruginite furono i dolci preludi del mio vicino banchetto. Messere lo nantuchino sedette, invitò me a sedere rimpetto a lui, e in pochi minuti capitò il cuoco africano, con una scodellaccia di legno in una mano e un piatto di peltro nell'altra, cui tacitamente depose su quella tavola, e, chinando la testa, partì.–Odoardo–gridò allora ad alta voce il mio oste acquatico,–Odoardo, venite a pranzo.–Alla seconda chiamata il signor Odoardo apparì, sbucando dal camerino del vascello, dove avea per più ore dormito. Chinò un pocolino il capo, e, senza favellar o guardarmi, s'assise alla destra del capitano. La novità della sua figura non mi lasciò tempo di guardare quello che conteneva quella scodella. Odoardo pareva precisamente un Bacco assonnato, se non che i suoi vestimenti erano da mugnaio in uffizio, e la sua quondam biancheria andava perfettamente d'accordo col camicione da carbonaro e colla tovaglia dei nostro Tifi. Aveva questi frattanto posto davanti a me in un piattello di peltro alcune cucchiaiatine di quella broda tratta dalla scodella marinaresca, ch'io tolto avea a prima vista per acqua di castagne bollite.
Vedendo ch'io guatava senza mangiare:–Signor italiano–diss'egli,–perché non assaggia questo buon brodo di pollo!–Io, che avea gran bisogno di cibo e che sono di polli ghiottissimo, volsi lo sguardo a quel caro uccello; ma imagini chiunque ha fame qual io rimanessi, quando, in quello affissandomi, credei di vedere un corvo spennato e arruffatosi co' gatti piuttosto che una gallina bollita. Lasciai che i miei due compagni gavazzassero in quegli appetitosi manicaretti, ed io abbrancai un gran pezzo di cacio inglese, che per buona ventura stava alla destra mia, e ne feci il mio desinare. Il signor Abissai Haydn, così chiamavasi il capitano, mi guardava un poco in cagnesco, sbadigliava e taceva: accorgendosi intanto che una bottiglia di vino era presso di me, temendo ch'usassi di quella come usato avea del formaggio,
La bocca sollevò dal fiero pasto,
s'alzò dal loco dove sedea, si mise tra le branche quella bottiglia, ne trasse il turacciolo, ne die' un bicchierino a me, un altro al socio mugnaio, riturò la bottiglia, la chiuse a chiave, e zufolando partì.
Questo fu il modo con cui mi trattò press'a poco per tutta quella doppia quaresima questo feritor di balene; senonché, invece di brodo di castagne o di polli-corvi, compariva ogni giorno o un pezzo di carne secca o una fetta di porco salato, la cui sola vista avrebbe bastato a far che scappasse la fame al conte Ugolino. Per colmo de' mali, non avendo io portato un letto con me, mi toccò farmi una specie di cuccia delle camìce e degli abiti ch'avea meco recati, per non adagiar le mie vecchie membra sul duro legno d'una nicchia strettissima, su cui anche con materassi e origlieri mai si riposa.
Ad onta di questi malanni, la mattina del quarto giorno di giugno arrivai sano e salvo a Filadelfia.
Lorenzo Da Ponte, Memorie
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p.s.
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Una pagina di letteratura e cultura; quel capitano ha tanti seguagi anche oggigiorno.
RispondiEliminac'era proprio di che gavazzare!
RispondiEliminaNantucket e il viaggio per mare rimandano a Moby Dick :-)
RispondiEliminaDa Ponte è molto meno poetico, del resto:
mangiar male e mal dormir...
Il kuokume che ci sta angustiando e perseguitando di questi tempi ha fatto sì che l'argomento cucina mi sia sempre e comunque... indigesto. Ma qui da te ogni prospettiva cambia, e s'illumina di luce antica e nuova... :)
RispondiEliminaCiao carissima!
...abbrancai un gran bel pezzo di cacio... Questo post è una delizia "sinaptica". Mi pare di viverci su questa nave, ahimè! Ciao e buona settimana.
RispondiElimina@Costantino: reduce da una crociera?:)
RispondiElimina@Amanda: eh, sì! Lorenzo Da Ponte, comunque, era uomo adattabilissimo ( è ciò che ho desunto leggendo le sue memorie :)
@Giuliano: impossibile non pensare a Moby! Hai visto le immagini che ho scelto per il post? C'erano anche quelle di Toppi..
:)
@Nick: hai perfettamente ragione; basta stare 5 minuti davanti alla tv e fare un po' di zapping per rischiare l'indigestione...
@
baci8:)
@Santa: infatti! E' una delle pagine più simpatiche delle memorie:)
Ciao!:)
Ha ragione zio Scriba: di cucina ormai si fa l'indigestione! Per fortuna tu e Da Pinte ci fate riconciliare con il cibo (almeno quello descritto)!
RispondiElimina@Grazia: Cibo e ancora cibo anche nei libretti d'opera di da Ponte: verrebbe da pensare che il " mangiar male e mal dormir..." lamentato da Leporello ( e ricordato con grande finezza da Giuliano nel suo commento )sia un'anticipazione profetica.
RispondiEliminaVero è che poi Da Ponte fa mangiare a quattro palmenti Don Giovanni..:)
Diffido dei marinai che cucinano pennuti...
RispondiEliminaLa loro cucina in genere è povera, ma assai gustosa: il pescato "ricco" lo tengono per la vendita e di quello "povero" ne fanno piatti gustosissimi, tipo la zuppa....
...primordiale:)
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