Place to be When I was young, younger than before I never saw the truth hanging from the door And now I'm older, see it face to face And now I'm older, gotta get up clean the place And I was green, greener than the hill Where flowers grew and sun shone still Now I'm darker than the deepest sea Just hand me down, give me a place to be And I was strong, strong in the sun I thought I'd see when day is done Now I'm weaker than the palest blue Oh so weak in this need for you | Un posto per vivere Giovane e senza storia La verità mi ignorava Ora che giovane non sono, lei mi guarda, Ed io chiudo gli occhi. Allora ero verde, più verde della collina, I fiori sbocciavano, colorati dalla luce Ora sono più scuro di un nero abisso Allora voglio, voglio un posto per vivere Mi sentivo così forte sotto il sole Mi illudevo di poter sostenere il suo declino Ora sono più smorto di un blu sbiadito Oh, senza colore, perché ho bisogno di te |
venerdì 29 giugno 2012
Place to be
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martedì 26 giugno 2012
No(u)vel(le) cuisine - Il riso dolceamaro dell'orchessa -
Sono la moglie dell'orco.
Io mi nutro come gli altri esseri umani. Il mio piatto preferito è riso con zucchero e cannella. Mio marito ha le sue stranezze, come tutti gli uomini del resto. Ma è un brav'uomo. Gli ho dato sette figlie. Ahimè, ora sono tutte morte; è stato lui a ucciderle per sbaglio, come ben sapete; la colpa è tutta di quel piccolo diavolo di Pollicino.
Quando in una notte buia e tempestosa i sette giovani taglialegna si rifugiarono a casa mia, mi fecero compassione e li nascosi a mio marito. Ma lui sentì odore di carne umana e li scovò sotto il letto. Per salvarli gli consigliai di mangiarli il giorno successivo, una volta che li avessi ben rimpinzati. (...)
Allora portai i sette fanciulli nella camera delle bambine. C'erano due grandi letti. In uno dormivano le mie dolci figliole. Nell'altro misi i ragazzi.
Quel birbone di Pollicino tolse alle fanciulle le cuffiette da notte con le coroncine d'oro. Si, corone d'oro, perchè erano principesse - mio marito è infatti un principe fra gli orchi.
Le cuffiette se le misero quel diavoletto e i suoi fratelli.
A mezzanotte (...) mio marito (...) entrò nella camera delle bambine e cercò tastando nel buio i letti. Quando sentì le coroncine sulle teste dei ragazzi, pensò che fossero le sue bambine, allora andò verso l'altro letto e tagliò le gole alle figlie. (...)
Da allora mangia raramente carne umana. (...) E' diventato malinconico. E' un brav'uomo che ne ha passate tante. Ieri è venuto ad annusare in cucina mentre stavo preparando il mio riso, e ne ha assaggiato un pochino.
Forse riesco ancora a convertirlo ad un regime vegetariano, che è tanto indicato per gli anziani.
Franz Hessel, L'arte di andare a passeggio, ed. ellint
Risolatte alla cannella
Ingredienti
80 gr di riso
1/2 litro di latte
50gr di zucchero semolato
cannella ( 1 cucchiaino )
vaniglia ( i semi di 1/3 di baccello )
Preparazione
Far bollire il latte con la vaniglia e lo zucchero. Versare il riso e, mescolando di tanto in tanto, lasciarlo sobbollire per 20 minuti. Versare la crema di riso in ciotoline monoporzione e cospargere di cannella.
Mangiare tiepido o freddo
p.s.
La ricetta è dell'orchessa. Me l'ha passata. Sono sua amica...
...con tanto di certificato
p.s.
La ricetta è dell'orchessa. Me l'ha passata. Sono sua amica...
...con tanto di certificato
lunedì 25 giugno 2012
domenica 24 giugno 2012
Musical box
Favole crudeli. Esistono. Una è quella raccontata dai Genesis in Musical box, la canzone d’apertura di Nursery crime, album pubblicato nel ’71.
Cinthya, una bimba dal dolce sorriso, decapita graziosamente con la mazza da croquet il suo amico di giochi Henry.
Cinthya, una bimba dal dolce sorriso, decapita graziosamente con la mazza da croquet il suo amico di giochi Henry.
venerdì 22 giugno 2012
giovedì 21 giugno 2012
domenica 17 giugno 2012
Vincent Van Gogh a Saint - Rémi
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Mi interessava comprendere come si arrivasse a dare corpo e intensità alla luce, all' ombra, a creare l'illusione di terze, in qualche caso quarte, quinte, infinite dimensioni prospettiche e non. Non ho chiesto la luna... eppure ne ho fatti di voli astrali appesa al filo labilissimo delle categorie interpretative degli storici dell'arte !
Riporto qui un passo, neanche poi tanto rappresentativo ( gli esercizi più impegnativi di risalita sugli specchi ve li risparmio) , tratto dal manuale più noto, l'Argan ( così lo si indicava ai miei tempi, direttamente con il nome del suo autore ).
La ricerca dei Fauves verte appunto sulla natura di quell'ordine e quel ritmo ( gran dispiego di aggettivi dimostrativi nell'idioletto arganiano ), che per Cezanne era l'ordine intellettuale della coscienza ( ? ), per Signac la legge ottica degli effetti di di luce ( si, ma me la spieghi visto che sei un manuale? ) , per Van Gogh il ritmo profondo dell'esistenza tradotto in gesto ( un ritmo è profondo ? ).
Ciò che i Fauves vogliono mettere in chiaro è la struttura autonoma, autosufficiente del quadro ( e vorrei vedere il contrario )....
In passato ho studiato per un po' di anni storia dell'arte. Mi sono illusa, leggendo manuali e testi critici, di poter entrare nell'atelier dei pittori per conoscere tecniche e modalità di rappresentazione dei soggetti .
Mi interessava comprendere come si arrivasse a dare corpo e intensità alla luce, all' ombra, a creare l'illusione di terze, in qualche caso quarte, quinte, infinite dimensioni prospettiche e non. Non ho chiesto la luna... eppure ne ho fatti di voli astrali appesa al filo labilissimo delle categorie interpretative degli storici dell'arte !
Riporto qui un passo, neanche poi tanto rappresentativo ( gli esercizi più impegnativi di risalita sugli specchi ve li risparmio) , tratto dal manuale più noto, l'Argan ( così lo si indicava ai miei tempi, direttamente con il nome del suo autore ).
La ricerca dei Fauves verte appunto sulla natura di quell'ordine e quel ritmo ( gran dispiego di aggettivi dimostrativi nell'idioletto arganiano ), che per Cezanne era l'ordine intellettuale della coscienza ( ? ), per Signac la legge ottica degli effetti di di luce ( si, ma me la spieghi visto che sei un manuale? ) , per Van Gogh il ritmo profondo dell'esistenza tradotto in gesto ( un ritmo è profondo ? ).
Ciò che i Fauves vogliono mettere in chiaro è la struttura autonoma, autosufficiente del quadro ( e vorrei vedere il contrario )....
mercoledì 13 giugno 2012
L'invenzione di Morel
opera di Felice Casorati |
Scomporre e ricomporre : è quello che fa la natura o un binomio di divinità capricciose, all'infinito ;
o che fa chi vuol scoprire i segreti di un meccanismo
o quello che sto per fare io per capire qualcosa de "L'invenzione di Morel", un romanzo del 1940 di Adolfo Bioy Casares, scrittore argentino legato da un rapporto di amicizia e collaborazione al più noto connazionale J.L. Borges.
Gli elementi in gioco non sono molti.
C'è un'isola. Vi approda il protagonista, un uomo in fuga; sta cercando di sottrarsi all'ergastolo a cui è stato condannato. E' questo un primo elemento di cui tener conto.
Approdando sull'isola, l'uomo si libera da qualcosa che lo avrebbe limitato, una prigione, uno spazio buio, chiuso (la caverna di Platone o, più semplicemente la materia, il corpo?). L'isola è un grande spazio aperto, bagnato dalla luce e dall'acqua (il mondo delle idee o un paradiso?).
L'acqua è un elemento ricorrente nel romanzo; è la via attraverso cui l'uomo approda sull'isola; avvolge il protagonista che più volte al suo risveglio vi si ritrova immerso ( il grembo ? );
il suo movimento ciclico ( le maree ) costituisce l'energia propulsiva necessaria ad azionare l'invenzione di Morel;
domenica 10 giugno 2012
Senza un soldo a Parigi e a Londra
A Parigi, prima di trovare lavoro come sguattero, impegna i vestiti. Percorre lunghi tragitti a piedi con Boris, senza un soldo anche lui, per risparmiare sul biglietto del metrò; esce di soppiatto da una panetteria perchè il conto non è quello minuziosamente calcolato: il pane tagliato dalla ragazza al banco pesa un po' di più di quello che si aspettava. Una volta a Londra, vive per diversi mesi di fette di pane spalmate con un po' di margarina , dorme poche ore per notte in sudici dormitori, il fiato di un altro uomo e lunghe teorie di cimici sul suo corpo; fuma il tabacco che Paddy, un senza fissa dimora trentacinquenne, riesce a ricavare raccogliendo le cicche buttate a terra da chi si affretta a tornare a casa.
George Orwell dal 1928 al 1930 vive così. Si è messo in testa di fare lo scrittore. Dopo aver lasciato un impiego sicuro e redditizio, con qualche risparmio e contando sui proventi di lezioni di inglese, lascia l'Inghilterra e va a Parigi. I soldi finiranno prima del previsto, verrà derubato da un italiano, e le lezioni private sfumeranno; è così che inizia la sua esperienza di miseria e vagabondaggio, preceduta, a Parigi, dal periodo in cui lavora anche diciassette ore al giorno in un Hotel, o, meglio, nei suoi caldissimi sotterranei, come lavapiatti.
foto di George Brassai |
A Londra, sull'Embankment, il lungofiume, si imbatte in Bozo, uno screever, uno di quelli che disegnano coi gessetti sui marciapiedi...
giovedì 7 giugno 2012
Fahrenheit 451
clicca qui o qui |
Ho appreso, tornando da scuola, della morte di Ray Bradbury, uno scrittore di cui ho molto apprezzato un'opera, Fahrenheit 451. Ho pensato, per ricordarlo, di riproporre due dei miei primi post ( aprile 2010 ) a lui dedicati .
“... Ognuno deve lasciare qualcosa dietro quando muore : un bimbo o un libro o un quadro, o una casa, o un muro eretto con le proprie mani ( ... ). Qualche cosa, insomma, che la nostra mano abbia toccato, in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo ( ... ). Non ha importanza quello che si fa, finchè si cambia qualcosa da ciò che era prima che noi la si toccasse in qualcos’altro, che è come noi dopo che la nostra mano se ne è staccata...” ( Ray Bradbury, Fahrenheit 451 )
domenica 3 giugno 2012
BLOG TWINNING : STATUAE MANENT
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