mercoledì 29 giugno 2011

Il cielo nella Staatsbibliothek di Berlino

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" Passai quasi tutto il pomeriggio successivo nella biblioteca dentro cui Wenders Ha girato molte scene del suo film Il cielo sopra Berlino. La Staatsbibliothek di Hans Schroun direi che è un luogo privo di volumi, se l'espressione non suonasse come un calembour un po' cretino. Lo spazio pare avvolgerti e nello stesso tempo collocarti a distanza da ciò che ti circonda. Gli altri sembrano privi di profondità. Impressione di pura superficie, scivolamento. L'edificio, magnifico esempio di quella che si chiama architettura organica, è quasi coetaneo del Muro: curioso come un Paese possa dare di sè, nello stesso momento storico, due immagini così diverse- una soffice ed accogliente, l'altra rigida, fratta. Quando uscii, verso sera, guardai Berlino come fosse la versione tutta a colori del film di Wenders. Una versione più morbida, tumefatta."

Mario Fortunato, Quelli che ami non muoiono












La Biblioteca Nazionale di Berlino, progettata da Hans Scharoun, venne costruita volutamente e provocatoriamente, negli anni della guerra fredda, a ridosso della "terra di nessuno", la zona della vecchia Postdamerplatz, ripresa da Wenders ne “Il cielo sopra Berlino”.




Nel film di Wenders ( 1987 ),  due angeli, Damiel (Bruno Ganz) e Cassiel (Otto Sander), scendono sulla terra e si mescolano fra la popolazione di Berlino. Damiel  incontra Marion, una trapezista;  per lei deciderà di perdere le ali. Un ex angelo (Peter Falk) lo aiutera' a trasformarsi in un semplice mortale.







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domenica 26 giugno 2011

-Statuae manent - Jack London on the pier -



Tutto cominciò alla piscina di Glen Ellen. Tra una nuotata e l'altra avevamo l'abitudine di uscire dall'acqua e sdraiarci sulla sabbia, lasciando che i nostri corpi si saturassero di aria calda e di sole.
Roscoe era uno yachtman. Io ero andato un po' per mare. Era inevitabile che venissimo a parlare di barche. (…)
Dichiarammo che l'idea di fare il giro del mondo in una barca di piccole proporzioni, per esempio di quaranta piedi, non ci spaventava. (…)
- Facciamolo - si disse per scherzo.
Più tardi chiesi a Charmian in privato se veramente ci teneva, e lei rispose che era troppo bello per essere vero.
La volta dopo che ci ritrovammo sdraiati sulla sabbia accanto alla piscina, io dissi a Roscoe: - Facciamolo. (…)  Perché non partire subito?


Non saremmo mai più stati giovani come ora, nessuno di noi; l'orto, la vigna e le siepi potevano crescere durante la nostra assenza. Al nostro ritorno sarebbero stati pronti ad accoglierci, e mentre costruivamo la casa, avremmo potuto abitare nella rimessa.
Così il viaggio fu deciso ed ebbe inizio la costruzione dello "Snark".
La barca fu battezzata col nome di "Snark" perché non riuscimmo a trovarne uno migliore - questa informazione è a beneficio di quelli che altrimenti potrebbero sospettare qualcosa di misterioso in questo nome.

I nostri amici non riescono a capire la ragione di questo viaggio. (…)
La parola finale è questa: MI PIACE. E' alla base della filosofia ed è inseparabile dal nocciolo dell'esistenza. Quando la filosofia ha brontolato pedantemente per un mese, per mostrare all'individuo quello che deve fare, l'individuo a un tratto dice: "mi piace", fa qualcos'altro e la filosofia se ne va a spasso.  (…)

Ecco perché mi sto costruendo lo "Snark". Sono fatto a questo modo: mi piace, ecco tutto. Il viaggio intorno al mondo significa grandi momenti di vita. Abbiate pazienza un istante e pensateci un po'. (…)
La seconda moglie di Jack London
Qui c'è il mare, il vento e l'onda; qui sono i mari, i venti e le onde di tutto il mondo. Ecco l'ambiente crudele, le circostanze che esigono un rigoroso adattamento, la cui riuscita è pura gioia per questa piccola vibrante vanità che sono io. Mi piace, sono fatto così. E' la mia particolare forma di vanità, ecco tutto.

C'è ancora un altro lato in favore del mio viaggio sullo "Snark".
Finché sono in vita, voglio vedere, e il mondo intero è cosa più grande da vedersi che non una piccola città o vallata.


da  La crociera dello Snark di Jack London







Jack London riuscì a salpare. Il viaggio sarebbe durato sette anni, se non fosse stato interrotto dopo qualche tempo.                                                         










Statua di London a Oakland


STATUAE MANENT

 Fu costretto a tornare in California, a Oakland, dal cui porto sembra ancora intenzionato a ripartire

The Snark






















Oakland nei primi del Novecento


Saluto caramente Irina che, inviandomi la foto della statua di London, mi ha fornito lo spunto per realizzare questo post.





sabato 25 giugno 2011

MJ



                                                         " Heaven can wait "

mercoledì 22 giugno 2011

Blog twinning

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 tutti da Nela, la mia  gemella di blog 

Seguimi,  è  qui





L' origine del twinning  ... ( clicca qui )


Statuae manent: i post del twinning  già pubblicati ( quiqui,  )


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venerdì 17 giugno 2011

Tarkovskij

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"Se mi fa paura la morte? Per me la morte non esiste. Esiste un certo fatto penoso, nel senso del dolore. Quando penso alla morte, penso alla sofferenza, non alla morte come tale. La morte semplicemente non c'è. Non so ... una volta sognai che ero morto. Somigliava molto alla realtà. Avvertii una liberazione, una leggerezza incredibile. Forse proprio questa sensazione di libertà e di leggerezza mi diede l'impressione di essere morto, sciolto da tutti i legami con il mondo. Spesso l'uomo confonde la morte con la sofferenza. Forse, quando la incontrerò faccia a faccia, avrò paura, penserò diversamente ... è difficile dirlo".  
Tarkovskij però non era per niente "leggero". Ripeteva sempre che "il nostro fine, su questa terra, è di innalzarci spiritualmente, l'arte deve educarci in questo". Ma riteneva che, in Occidente, l'arte fosse diventata già da molto tempo un oggetto di consumo, di proprietà del consumatore: "Cultura è, per gli occidentali, ciò che possono avere. Avendo eliminato Dio, ritengono che all'uomo tutto sia possibile". Era convinto che l'uomo dovesse essere umile e non potesse pretendere di conoscere l'assetto profondo della realtà. La sua idea di spiritualità consisteva nel considerare la crescita intellettuale come un cammino, un avvicinamento, e non come un dominio. Nel film Nostalghia (1983) il protagonista si fa condurre fino alla chiesa dove si trova la Madonna del Parto di Piero della Francesca e, giunto là, si rifiuta di entrare. Lascia che vada la sua accompagnatrice-traduttrice che è curiosa di sapere perché tante donne si rechino in quel posto. Vorrebbe scoprire il segreto della Fede. Non otterrà alcuna risposta.
Tarkovskij stava al mondo come un pellegrino un po' particolare: l'importante per lui era "l'andare a" e non "l'entrare in". Una sorta di pellegrinaggio frenato prima della meta ...

da  Vado a vedere se di là è meglio  di F.M. Cataluccio - ed. Sellerio -







  Qui il sito del Tarkovsky Quartet, un gruppo che compone musiche traendo ispirazione dai film del regista russo. Ringrazio Irina ( e la saluto con affetto ) per avermi fornito il link.




In una delle sequenze a mio avviso più suggestive di Nostalghia, il penultimo film di Tarkovskij, viene ripreso un paesaggio in un interno, ovvero nella casa del folle Domenico. C'è un corso d'acqua, declivi  e poi,  a protendersi verso l'esterno,  c'è una valle arata, una sorta di grembo che genera il mondo. 
Il video è .qui







Qui l'ultima intervista rilasciata da  Tarkovskij
Qui una pagina del diario di  Tarkovskij
Qui un video dedicato al regista



" I sentimenti non espressi non si dimenticano" 

da Nostalghia ( min. 81 )



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martedì 14 giugno 2011

20.30

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domenica 12 giugno 2011

- No(u)vel(le) cuisine - La torta di riso della signora Pardon

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"La cameriera aveva posato la torta di riso in mezzo alla tavola rotonda e Maigret era costretto a fare uno sforzo per assumere un'aria sorpresa e nello stesso tempo beata, mentre la signora Pardon, arrossendo, gli lanciava un'occhiata maliziosa. Era la quarta torta di riso, dai quattro anni in cui i Maigret avevano preso l'abitudine di cenare una volta al mese dai Pardon, e questi ultimi, quindici giorni dopo, si recavano in boulevard Richard-Lenoir, dove la signora Maigret, a sua volta, faceva gli onori di casa. Il quinto o il sesto mese, la signora Pardon aveva servito una torta di riso. Maigret ne aveva preso due volte, dicendo che gli ricordava la sua infanzia e da quarant'anni non ne aveva mangiata di così buona, il che era vero. Da allora, ogni cena in casa Pardon, nel nuovo appartamento del boulevard Voltaire, terminava con lo stesso piatto untuoso che sottolineava il carattere nello stesso tempo dolce, riposante e un po' sbiadito di quelle riunioni. Maigret e sua moglie, non avendo parenti a Parigi, non conoscevano le serate che si trascorrono, a giorni fissi, in casa dei fratelli o dei cognati e le cene in casa Pardon ricordavano loro le visite agli zii o alle zie di quando erano piccoli."

 Georges Simenon, Una confidenza di Maigret 


p.s.
Qualcosa sul dottor Pardon:

"... Si erano sempre capiti al volo, Pardon e lui, benché si fossero conosciuti tardi, quando ognuno dei due aveva compiuto gran parte della carriera. Fin dal primo giorno si era stabilita tra loro una perfetta confidenza e un reciproco rispetto. Forse perché avevano la stessa specie di onestà, non soltanto verso gli altri, ma verso se stessi? Non baravano, non indoravano la pillola, si guardavano in faccia.  ( ... )  L'uno come l'altro, per il loro mestiere, il mestiere che avevano scelto, si trovavano talora costretti a fare una scelta e quella scelta decideva del destino altrui; nel caso di Pardon della vita o della morte di un uomo. Niente di romantico nel loro atteggiamento. Né depressione, né ribellione. Soltanto una certa malinconica gravità. ..".

Georges Simenon, Una confidenza di Maigret






Dolce di riso alla normanna

- Far bollire un litro di latte con una stecca di vaniglia ed un pizzico di sale.
- Versarvi dentro, a pioggia, 120 gr. di riso, mescolandolo con una spatola. Quando il latte ricomincia a bollire, porre sul recipiente un coperchio e mettere in forno a calore moderato (80°) per 35 minuti. Estrarre poi dal riso la stecca di vaniglia.
- Togliere il recipiente dal forno e lasciar intiepidire la preparazione. Addolcire con 60 gr. di zucchero. Aggiungervi quindi 4 tuorli d'uovo, ben stemperati in una scodella con un po' di latte bollito e 25 gr. di burro a pezzetti. Mescolare con la forchetta senza rompere i grani di riso.
- nettare 5 belle mele ranette. Tagliarle a spicchi. Eliminare i semi e farle cuocere dolcemente nel burro in una padella per fritti. Durante la cottura spolverizzarle  con un po' di zucchero vanigliato e la scorza grattuggiata di un limone.
- Schiacciare la metà degli spicchi di mela con una forchetta. Legarli con un po' di panna liquida bollita e unire il tutto al riso, rimescolandolo con cura.
- Versare il riso in uno stampo cosparso di caramello. Disporvi sul fondo i pezzettini rimanenti delle mele. Versarvi sopra il riso, lasciando nello stampo almeno 3 cm. in altezza.
- Mettere al forno con calore moderato (180°) per 40 minuti, proteggendo la superficie con un foglio di carta pergamenata e imburrata.
- Lasciar intiepidire il dolce prima di rovesciarlo su un piatto di servizio.

Nota di Courtine

"Accompagnare questo piatto con una crema o uno sciroppo. Uno sciroppo di ribes o di lamponi freschi, messo in rilievo da una cucchiata o due di calvados, risulta eccellente. Con il dolce di riso, Maigret beve del saint Péray." 

da Courtine ,  Le ricette della signora Maigret ed. Mondadori

 Note mie:

- Consiglio di stempererare i tuorli in un po' di latte a temperatura ambiente.
- Ho realizzato il dolce dimezzando tutte le dosi
- Il sapore, molto buono, è quello di un budino di riso
- Pardon ( è il caso di dirlo... ) per l'aspetto poco invitante della mia realizzazione. Ho sbagliato stampo.
- Ho realizzato il caramello da sola, essendomi accorta in extremis di non averlo. E' di facile realizzazione. Qui il link con la ricetta.

















venerdì 10 giugno 2011

di zoo nario letterario: una volpe e una tigre








La volpe dice alla tigre che non può mangiarla, perchè lei, la volpe, è considerata l'animale più importante del mondo. "Seguimi per un po'" dice la volpe," e vedrai come tutti gli altri animali mi rispettino".
La tigre accetta e si mettono in cammino. Gli altri animali, vedendo la tigre feroce camminare accanto alla volpe, pensano che la volpe sia davvero l'animale più importante del mondo e scappano.
La tigre, impressionata, decide quindi di lasciar andare la volpe.


Scarlett Thomas, Il nostro tragico universo










domenica 5 giugno 2011

il tempo di un caffè ( da " Un bacio" di Ivan Cotroneo )








" Dovevo venire a trovare una zia, zia Immacolata, la sorella di mio padre. Vive qui da anni,  adesso non sta bene, poverina. Sono arrivata ieri e ho pensato di passare a salutarti... (... )

" Hai fatto bene a passare, sono contenta, " disse Valeria, e intendeva tutto il contrario. Sembrava sollevata dalla spiegazione. Dunque era una visita normale, un caso, non c'era nulla di strano. Si voltò verso i fornelli. Aveva già sorvegliato due volte il caffè, e quella era la terza. Elena avrebbe già potuto scrivere in un foglio quello che successe poi. (...) Si saluteranno sulla porta dandosi un bacio sulla guancia, e si vedranno chissà quando (...). Andrà tutto esattamente così. Quando il caffè sarà pronto, Elena lo berrà, dirà che è buono, poi saluterà Valeria con un bacio sulle guance e andrà via. Nella macchinetta il caffè iniziò a far rumore, e a Elena sembrò quasi di sentire il sospiro di sollievo di Valeria mentre raccoglieva una presina dal lavello.


  Ivan Cotroneo, Un bacio   ed.Bompiani



Le parole sottolineate sono links



giovedì 2 giugno 2011

Fe, fi, fo, fum...

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Mucci mucci, sento odor di cristianucci...


... mi sembra ancora di sentire  l'orco salivare mentre tenta di far dei miei due fratelli e di me bambina il suo primo, secondo e contorno... Così, quando, qualche giorno fa, Giuliano  ha  rievocato la favola del fagiolo magico  in un bellissimo post dedicato a un film di Weir, ho pensato di rileggerla e di saperne di più.


Ho scoperto che:

- la fiaba è inglese ed è stata tramandata oralmente per molto tempo prima di essere pubblicata nei primi dell'Ottocento.


- L'espressione " Mucci mucci, sento odor di cristianucci" in inglese diventa 


Fe, fi,fo, fum
I smell the blood of an Englishman,
Be he living, or be he dead, 
I,ll grind his bones to make my bread.


- Che la suddetta, tragica espressione ricorre  anche nel King Lear di William Shakespeare


... Fie, foh, and fum, 
I smell the blood of a British man *

King Lear, Act 3, scene 4


* ...Mucci mucci, sento puzza di Britannucci




A pronunciarla non è King Lear, che pur impazzisce, ma un finto matto, il mite Edgar...









KING LEAR ( soggetto dell'opera )
poi qui


prova anche qui