mercoledì 10 aprile 2013

rospetti, burattini e mendicanti





In molte tradizioni è di prammatica esporre gli archetipi supremi in forma domestica, puerile. (...)

Si ricorre all’occultamento del sacro sotto cenciosi, impolverati ammanti perché null’altro consente altrettanto bene di sfuggire alla profanazione. E questa la formula che ne garantisce la conservazione più sicura, ne affida la custodia alle vecchie e ai bambini. E un trucco meraviglioso (... ). Mai il superbo si chinerà a scrutare con amore una realtà dimessa e nemmeno giungerà mai a sospettare che essa possa essere deliberata, come l’abbigliamento da pitocco del califfo Harun ar-Rashid nelle Mille e una notte.
Questo, del travestimento nella più modesta tra le forme, è un archetipo fra i maggiori. In verità è nientemeno che l’archetipo stesso dell’Incarnazione.
Lo Harun ar-Rashid del novellino arabo, il principe in costume di mendico, ha origine nella notte della fiaba arcaica e iniziatica: è il rospetto-principe, ancor presente nel duca shakespeariano di Misura per misura.
Questa la chiave che c’introdurrà nel Pinocchio.



 L’aspetto è di un raccontino quasi quasi in vernacolo, con ammicchi e capitomboli da circo, pervaso di popolaresca bonarietà.
Passeranno oltre i superbi. O faranno mostra del loro vezzo preferito, sociologico o psicoanalitico che sia, accanendosi sulla moralità borghesotta

che a loro parrà l’essenza dell’intrattenimento.
Era ciò che da loro si voleva. 
Resterà il pubblico degli innocenti.
Gli unici ai quali valga la pena di schiudere i misteri. In vernacolo, ridendo conviene esporre le cose più inaccessibili.
(...)
Le figure eterne sono in buona parte presenti in Pinocchio.
Quella del burattino simbolico innanzitutto.
Quella della donna beatificante o Vergine Sapienza: la fatina collodiana continua la tradizione di Beatrice e di Laura con sommo onore.
Quella degli aiutanti e degli avversari soprannaturali che accompagnano o ostacolano il cammino dell’iniziazione.
(...)
L’archetipo della morte e della rinascita quasi dappertutto e sempre torna a vestirsi nella forma simbolica d’un inghiottimento nel ventre della balena o nelle sofferenze asinine o nel serpente verde che atterrisce, ma ha il segreto della rinascita.
(...)


Pinocchio peraltro non è soltanto una rassegna di figure squisitamente ed esotericamente simboliche, ma contiene suggerimenti sottili su come si opera per liberarsi da se stessi, dalla propria natura di burattini utopisti, ricercatori di soluzioni umane, per rompere i propri limiti.
(...)
Ma come sapere se chi accenna a tali cose – che si possono chiamare, con proprietà d’aggettivazione, abissali -parla per abbondanza di cuore e per esperienza?
Conosco un solo reagente.
Che dal tesoro del cuore estragga vibranti di vita, nuovi, estatici simboli degli eterni archetipi, simboli che lascino stranamente trasognati, come dei déjà vu, come delle visioni intraviste e irritrovabili, chiaramente non di questo mondo.
Ebbene: quando mai altri hanno come il Collodi scostato all’improvviso la cortina del mondo quotidiano per svelarci in un estatico istante una capretta di lana turchina ritta su uno scoglio in un mare sconvolto?



Elémire Zolla
, Uscite dal mondo, Adelphi, 1992



Qui il testo integrale 


Immagini ( nell'ordine ) di F. Musante, E. Luzzati, F. Costantini


 

14 commenti:

  1. uno dei miei ricordi più belli è legato a Pinocchio. Avevamo un piccolo giardino, un fazzoletto, però mio padre ugualmente ci piantava le fave, i pomodori, avevamo un susino e un mandarino. io di nascosto ci piantai dei soldini, proprio ai piedi del pesco. quell'estae finalemnte il pesco fece tantissime pesche, meravigliose e succulente. non lo dissi mai a nessuno, ma ero convinta che fossero i frutti dei miei soldini! e ho continuato a pensarlo per anni, tant'è che le pesche per me hanno sempre il gusto della magia :)
    che bello questo estratto Giacy, grazie!

    RispondiElimina
  2. Superba interpretazione dell'opera più famosa di Collodi, che anche in altre sue opere ha saputo, secondo me, suscitare - soggettivamente - nel lettore una vasta gamma di emozioni.

    RispondiElimina
  3. Mi hai riportato ai giorni felici in cui la mamma mi leggeva Pinocchio. E una delle prime cose che mi vengono in mente è che non la trovavo affatto una storia fantasiosa e improbabile: la trovavo possibilissima.

    RispondiElimina
  4. E pensare che per me Pinocchio era solo una favola!

    RispondiElimina
  5. a me da piccola pinocchio metteva una paura blu peggio di alice

    RispondiElimina
  6. Questo è il mio mondo...Simboli, fiabe, archetipi... qui mi trovo veramente a casa mia...
    ciao e grazie

    RispondiElimina
  7. Zolla diceva anche che il concetto di "esoterico" è in realtà da intendersi non come segreto da nascondere ai profani, ma come il fatto che a molti, a quasi tutti, non interessa occuparsi di cose troppo complicate.
    Vale per molti argomenti, non solo per l'esoterismo: per Bach, per Beethoven, per la chimica e la fisica, per i libri "difficili" - devi metterci un po' di te stesso, impegnarti, studiare, provare a cambiare il tuo punto di vista.
    Uno dei libri di Zolla si chiama "verità segrete esposte in evidenza"
    :-)
    (citazione a memoria)

    RispondiElimina
  8. Una delle relazioni più suggestive -anche se secondaria rispetto alle tante che Zolla rileva - è quella tra le lucciole della favola di Collodi e i fuochi fatui ( in Goethe ), relazione che attiene alla trasmutazione, alla rinascita. Ho pensato subito a Fellini e alle tante immagini e situazioni che hanno a che fare con l'archetipo dell' eterno ritorno o con una dimensione, vita nascosta che c'è e che solo i fools, i semplici o chi sogna può percepire.
    i personaggi felliniani frequentano i morti o una dimensione passata, remota e Zolla
    ad un certo punto dice che per liberarsi da se stessi, dalla propria natura di burattini, ricercatori di soluzioni umane, per rompere i propri limiti,
    il primo suggerimento è frequentare i morti. La fatina di Pinocchio, prosegue, è una morta. "È la femminilità eterna, epurata d’ogni traccia temporale. È l’idea della vergine matrice del cosmo come forza che dà nutrimento e forma al cosmo, plasmando, misurando, riparando.
    Per liberarsi dalla presa delle forze cosmiche vedendone la fine e il principio e la ragione, la matrice che le comprende, Collodi dà un suggerimento: “Imparare a vedere la fata nel sogno”.
    Non diversamente Dante o Petrarca. Non diversamente Apuleio. Che altro distingue Lucio uomo da Lucio asino se non la consuetudine di vedere Iside in sogno?"

    Grazie a tutti per i graditissimi commenti!:)

    RispondiElimina
  9. Solo una parola: Stupendo!

    RispondiElimina
  10. @Nela: contenta che ti sia piaciuto!:)

    RispondiElimina
  11. E' stato scritto tutto e non saprei aggiungere altro se non ripetere il solito apprezzamento. Ma perchè è così difficile commentare sul tuo blog? Io non ci riesco quasi mai!

    RispondiElimina
  12. @Dede: una bella prova di identità di vedute! Grazie, carissima, ciao!:)

    RispondiElimina
  13. Quante chiavi di lettura e quante possibilità didattiche a scuola!

    RispondiElimina
  14. @Sandra: non perdi il vizio, cara! :)

    p.s.
    si potrebbero fare tante belle cose a scuola se solo non fosse così cambiata...:(

    RispondiElimina