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Sì, tutto potrebbe iniziare così, qui, in questo modo, una maniera un po' pesante e lenta, nel luogo neutro che appartiene a tutti e a nessuno, dove la gente s'incontra quasi senza vedersi, in cui la vita dell'edificio sì ripercuote, lontana e regolare. Di quello che succede dietro le pesanti porte degli appartarnenti, spesso se non sempre si avvertono solo quegli echi esplosi, quei brani, quei brandelli, quegli schizzi, quegli abbozzi, quegl'incidenti o accidenti che si svolgono in quelle che si chiamano le parti comuni, i piccoli rumori felpati che la passatoia di lana rossa attutisce, gli embrioni di vita comunitaria che sempre si fermano sul pianerottolo.
Gli abitanti di uno stesso edificio vivono a pochi centimetri di distanza, separati da un semplice tramezzo, e condividono gli stessi spazi ripetuti di piano in piano, fanno gli stessi gesti nello stesso tempo, aprire il rubinetto, tirare la catena dello sciacquone, accendere la luce, preparare la tavola, qualche decina di esistenze simultanee che si ripetono da un piano all'altro, da un edificio all'altro, da una via all'altra. Si barricano nei loro millesimi - è così che si chiamano infatti - e vorrebbero tanto che non ne uscisse niente, ma per quanto poco ne lascino uscire, il cane al guinzaglio, il
bambino che va a prendere il pane, l'espulso o il congedato, è sempre dalle scale ch'esce tutto. Tutto quello che passa infatti passa per le scale, tutto quello che arriva arriva dalle scale, lettere, partecipazioni, i mobili che gli uomini dei traslochi portano o portano via, il dottore chiamato d'urgenza, il viaggiatore che torna da un lungo viaggio. E' per questo che le scale restano un luogo anonimo, freddo, quasi ostile.
immagini di Johan Thörnqvist
G. Perec, La vita, istruzioni per l'uso, ed. Rizzoli
Traduzione di Dianella Selvatico Estense
Bello, bello, letto tanto tempo fa nella traduzione di Dianella Selvatico Estense (un nome importante, direi).
RispondiEliminaAdoro Tati.
Quanti attimi di vita in quei "millesimi"!
RispondiElimina@Silvia: non posso distrami con te nei paraggi! :)) Ho imediato, come vedi:)
RispondiElimina@Costantino: si, strano che non ci si pensi se non in rari momenti:)
Hi hi hi! ;-)
RispondiEliminaeheh... grande la nostra Silvia: appena ho visto "Traduzione di..." ho subito pensato alla sua (giusta) battaglia, che da un po' di tempo ha conquistato anche me, ma non pensavo a un intervento in presa diretta... :)
RispondiEliminaUn abbraccio a entrambe!
Dimenticavo: bello il brano proposto.
Per me uno dei più bei libri che abbia letto: un puzzle di pezzi variopinti, un tappeto a disegni multicolori, un mosaico in cui smarrirsi. Insomma tutta la complessità e la bellezza della vita.
RispondiEliminami ricordo ancora della prima volta che ho visto una foto di Georges Perec, dopo aver letto il libro...
RispondiElimina:-)
non me l'aspettavo così!
L'ho letto un bel po' di anni fa e ricordo pochino. L'idea che sorregge il romanzo è splendida. diciamo che ne ho riportato un passo essenzialmente a corredo delle immagini e soprattutto del video di Tati:)
RispondiEliminaAspetto di rileggere ( a breve ) il libro per parlarne. Intanto aggiungo qui qualche link utile:
qui
qui
@Giuliano è questa la foto?
qui
bellissimo brano, anche se per le mie scale c'è la vita che pulsa e da tre mesi mi mancano infinitamente le vocione degli abitanti e annessi e connessi del secondo piano, il nonno è all'ospedale, la nonna se la sono portata a casa loro le figlie. Mi mancano tutti: le figlie che dicono ai genitori ultraottantenni "buonanotte ragazzi a domani" la nipote tardo adolescente che litiga con i nonni tanto amati che non la capiscono, lo zaino di scuola della nipote media che la aspetta nell'atrio durante la merenda dai nonni, la vocina della nipote piccola che mi chiama quando stendo i panni. Lo dicevamo con Silvia: le case abbandonate non hanno nessun valore, si suicidano presto, hanno bisogno di vita
RispondiElimina@Amanda: certo, ma spezzo ugualmente una lancia per le case abbandonate, teatro di incursioni notturne e brividi infantili...:))
RispondiEliminaEcco perché odio gli ascensori! Non hanno umanità, lì i millesimi della vita sono solo scanditi dai numeri che tutti guardano inebetiti.
RispondiEliminaSolo una volta, mi è capitato qualcosa di buffo in ascensore, ma fu un'eccezione del tutto insolita.
Buon fine settimana gemellina.
sì, la foto di Perec proprio quella
RispondiElimina:-)
@Nela: Anche a te! :)) Baci
RispondiElimina@Giuliano: :) Mi è andata bene !
Scusami, pensavo di averti lasciato l'emai.
RispondiEliminairriverentescapade@gmail.com
mi scrivi, per cortesia?
Grazie mille!
Mia cara , anche la campagna , luogo proverbialmente ameno e campestre, è fonte di invidie, litigi e solitudine..
RispondiEliminaOrmai siamo tutti sulla stessa linea...
Grazie per il bell'omaggio su Tatì...
Un bacio!
@Nella: non dispiarebbe averlo ( Tati ) come vicino di casa, vero?
RispondiEliminaGrazie per essere stata un po' qui:)