La piccola Fadette fu una lettura infantile che mi turbò, così come ciò che, qualche anno più tardi, seppi a proposito della sua autrice (che io credevo un autore) e del suo stile di vita. Non ho letto altro di George Sand se non quel primo libro, poi mi è capitato, qualche mese fa, di fissare lo sguardo, per più di qualche minuto, su una sua immagine, in una sala da concerto di Cracovia, ascoltando le note di Chopin (con cui la Sand ebbe una tormentata relazione). Tornata in Italia, in libreria ho cercato qualche suo scritto ed ho trovato un racconto poco noto, con un soggetto, le fate, che mi riportava alla dimensione infantile in cui avevo lasciato la Sand insieme con la piccola Fadette. Ma La valle delle fate della favola ha solo l'aspetto. Le fate sono la traduzione di una condizione d'essere, quella di chi, tentando di sottrarsi al dolore, non vive.
I loro istinti sono così controllati dalla immortalità che non possono aspirare ad un sentimento umano un po' profondo; la stessa amicizia è loro negata come sentimento capace di procurare dolore e scompensare l'equilibrio perfetto e noioso della loro vita. (...) Le fate possiedono la conoscenza e non se ne servono alla nostra maniera, perché non la usano che per ripararsi dal male e dall'insipienza, senza conoscere la gioia e tramandarla agli altri.
Hermann capì ciò che gli mancava nel regno delle fate. Viveva lì coccolato e istruito, protetto e pieno di ricchezze, ma non era amato e non poteva amare nessuno e un giorno disse a Zilla (la fata): "Queste cose non sono altro che sogni, ciò che tu mi mostri non esiste". (...) "Tu mi fai sognare, non mi fai vivere".
da "la valle delle fate" di George Sand ed. Passigli
Ciao! Mi ricordo di essere stata colpita anch'io da "La Piccola Fadette", un libro che mi ha appassionato da bambina...mi sento forse in sintonia con questo mondo...non so come dire...il ricordo è troppo lontano...forse dovrei rileggerlo
RispondiEliminaGrazie per le informazioni preziose sull'autrice.
Mi piace molto il tuo blog!
Ciao Cristina, si, il turbamento di cui parlo nel post, probabilmente dipende, come è successo a te, dalla attrazione che la dimensione elementare, primitiva, un pò magica della campagna inevitabilmente esercita.
RispondiEliminaGrazie per il tuo commento e a presto!
Mai banali i tuoi post cara Giacynta, e non si torna a mani vuote dal tuo blog...
RispondiEliminaTra l'olimpo con gli Dei o il bosco incantato, e l'istinto irrazionale in cui si vive solamente l'attimo e poi...().. l'Uomo per sua natura sceglierebbe di vivere l'attimo!
D'altra parte siamo esseri imperfetti in continua competizione con sè stessi, abbiamo bisogno di limiti da oltrepassare e con cui misurarci, perchè se non sappiamo la morte, non gustiamo la vita.
L'aspetto più bello dell'uomo è il proprio continuo cambiamento, ci piace sognare, ma lo svegliarsi è sempre il culmine di un perfetto miracolo!
E allora w le fate, ma che Cenerentola non dimentichi...la mezzanotte!
Ciao Giacynta!
p.s. in effetti lo "stile di vita" della Sand, ha interrogato parecchio anche me...
@ Mai banali tuoi commenti, carissimo Gianni!
RispondiEliminaHai colto e descritto come meglio non si potrebbe fare il problema che ho cercato di porre attraverso questo post.
Ti ringrazio davvero per l'attenzione che mi presti e per l'amicizia che mi dimostri.
A presto. Passa una piacevole serata.