Intanto Guglielmo non si faceva quasi più vedere. Chiuso in una delle stanze più appartate, in cui nessuno era ammesso tranne Mignon e l'arpista, viveva tutto immerso nel mondo shakespeariano, a tal punto che non conosceva né sentiva più nulla al di fuori di sé. Si racconta di maghi che con formule magiche attirano nella loro stanza un'enorme quantità di spiriti dalle figure più varie. Le evocazioni sono così potenti che ben presto tutta la stanza si riempie; gli spiriti, incalzati fino al piccolo cerchio magico, si moltiplicano muovendosi di continuo intorno ad esso e al di sopra del capo del maestro, in continua metamorfosi. Ogni angolo rigurgita di fantasmi, ogni scaffale ne è pieno: vi sono delle uova che si gonfiano e delle figure gigantesche che si rimpiccioliscono fino ad assumere forme di funghi. Disgraziatamente il negromante ha dimenticato la formula con cui potrebbe far defluire quella marea di spiriti. Lo stesso accadeva a Guglielmo, e nel grande sconvolgimento che avveniva in lui si risvegliavano mille sensazioni, mille possibilità che fino allora non aveva né conosciute né presentite.