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l'immagine è un dettaglio di una foto di Julie Blackmon 
 
 
 
            
        
          
        
          
        
 
Dilazione
La birra rossa era più forte di quanto si ricordasse, o lui era diventato più vecchio di quanto credesse. Gli girava la testa, con una leggerezza inebriante.
"Sì", rispose.
"Sì cosa?"
"Sì, il lavoro è un anestetico".
"Eh?", il suo collega lo guardava con un misto di stupore ed orrore.
"Un anestetico. Non ci avevo mai pensato, ma serve proprio a questo: a sopportare la vita".
Il collega gli sollevò il bicchiere mezzo vuoto: " Bevuto molto? " 
"La paura della morte. Siamo pieni di questa fottutissima paura di morire. Basta fermarsi un attimo, ed ecco che inizi a chiederti: tra quarant'anni dove sarò? Cosa sarò? Pensaci. Pensaci solo un attimo, e vedrai che ti sei già rovinato la giornata. Ma se lavori il tuo orizzonte temporale si riduce - Cristo se si riduce! Perchè il tuo problema diventa: riuscirò a consegnare il documento verso sera? E perchè sai bene che quella sera sarai ancora vivo 
- Marinis escluso, ovviamente - sotto sotto ti convinci che lo sarai per 
sempre. O, come minimo, sai che sei riuscito a rimandare il problema di morire al giorno dopo: oggi, mi spiace, ma ci sono cose più urgenti da fare. E' come se tutti si fossero convinti che si tratti di una questione di concentrazione: se stai facendo qualcosa, la morte si dimentica di te. Sai che c'è una popolazione di non so quale isola del Pacifico che non conosce la parola 'no'? Dicono: domani. Ecco, finchè si lavora, la morte è domani. La morte è 'no'.
 
 
 
            
        
          
        
          
        
                
            
Gagnière, tutto rilassato come a casa sua, indifferente agli sbadigli 
dell'unico cameriere rimasto a stiracchiarsi nella sala, guardava Claude 
senza vederlo, con gli occhi vacui. 
«A proposito,» domandò quest'ultimo «che stavi dicendo a 
Mahoudeau, stasera? Sì, il rosso della bandiera che sfuma in giallo 
nell'azzurro del cielo... Eh? gli dai dentro alla teoria dei colori 
complementari...» 
Ma l'altro non rispose. Prese il suo boccale, lo riposò senza aver 
bevuto, finì per mormorare, con un sorriso estasiato: 
«Haydn, la sua grazia retorica, una piccola musica tremula, da 
vecchia nonnina incipriata... Mozart, il genio precorritore, il primo che 
abbia dato all'orchestra una voce individuale... Ed esistono, questi due, 
soprattutto perché hanno fatto Beethoven... Ah! Beethoven, la potenza, la 
forza nel dolore sereno. Michelangelo delle tombe medicee! Un eroe 
logico, un plasmatore di cervelli, perché sono partiti tutti dalla sinfonia corale, i grandi d'oggi!»