Casa Natale di Walt Whitman |
Fra tutti i poeti americani quello a me più caro resta sempre Walt Whitman. Whitman soddisfa la condizione di grandezza che aveva in mente Oscar Milosz, quando richiedeva all’opera d’arte di essere come un fiume che trascina via con sé fertili limi e tronchi d’albero, non soltanto pepite d’oro. (…) Whitman è l’opposto della poesia pura. Ma al tempo stesso leggerlo è come contemplare le tele dei grandi maestri della pittura, su cui, a uno sguardo attento si scorgono molti piccoli, affascinanti particolari.
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L’Europa ebbe il suo momento whitmaniano, che collocherei intorno anno 1913. ( … ) in poesia whitmaneggiare non significava soltanto affrancarsi da metrica e rima: era anche uno slancio verso la felicità, promessa democratica di abbattere le barriere di classe che trovava espressione nella poesia, nella prosa, nella pittura, nel teatro, nel già visibile cambiamento dei costumi. Era una tonalità più chiara, estatica, che segnava il superamento dell’atmosfera fin de siècle e che ritroviamo per esempio nei primi volumi del Jean-Christophe di Romain Rolland, nel Sacre duprintemps di Stravinskij, nell’acmeismo russo, nelle xilografie di Franz Masereel. Gli accenti pacifisti e rivoluzionari rientrano in questa rivisitazione europea del motto withmaniano en masse. Gavrilo Princip, colui che sparò all’arciduca Francesco Ferdinando nel 1914, era convinto di esaudire in tal modo il dettato del suo poeta prediletto, che esortava alla lotta contro i sovrani.
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Conobbi Whitman dapprima in traduzione polacca. ( … ) Rimasi subito folgorato: ah, poter scrivere come lui! Capivo che non si trattava di una questione di forma, bensì di un atto di libertà interiore, e qui stava la vera difficoltà. Il “divino literatus” superava la distanza tra l’ ”io” e la massa, assorbiva religioni e filosofie, cosicchè mortalità e immortalità, un filo d’erba e l’eternità, non più antitetici, coesistevano nella sua poesia; ma soprattutto parlava come uno dei tanti, uguale tra uguali.