Da Nuova grammatica finlandese di Diego Marani ed. Bompiani
sabato 31 luglio 2010
identità
"Veniamo alla luce in un luogo soltanto e solo a quello apparteniamo. Il cosmopolita che salta da un'identità all'altra come un acrobata su un trapezio, prima o poi finisce per sbagliare una presa, e allora si ritrova per terra, inchiodato anche lui dal ricordo di quattro case attraversate da una strada polverosa. Anche chi per tutta la vita pretende di non avere patria, quando si avvicina l'ora della morte, sente l'improvviso richiamo del luogo dove tutto è cominciato, dove sa di essere aspettato. Lì e soltanto lì tutto rimane sempre immutato, ogni odore, ogni colore, ogni rumore al proprio posto. Tornandovi, il ricordo scompare, si azzera. E con esso si estingue ogni dolore. Perché quando inizio e fine si toccano, vuol dire che non è successo niente. Era tutto un sogno dentro un altro sogno ancora, e forse di questo è fatto l'uomo."
martedì 6 luglio 2010
domenica 4 luglio 2010
Place des Vosges - Parigi -
In casa Maigret, come nella maggior parte delle famiglie, c'era un certo numero di tradizioni che finivano per prendere la stessa importanza che hanno, per altri, i riti religiosi.
Così, da anni e anni che abitavano in place des Vosges, il commissario aveva l'abitudine, d'estate, quando cominciava a salire la scala che dava sul cortile, di sciogliere la sua cravatta scura, cosa che gli dava il tempo di raggiungere il primo piano.
La scala dell'edificio che come tutti quelli della piazza era stato un tempo una pomposa palazzina, da quel momento cessava di innalzarsi con maestà (...), diventava stretta e ripida e Maigret, che ansimava un po', raggiungeva il secondo piano col colletto aperto.
Seguiva poi un corridoio male illuminato fino alla sua porta, la terza a sinistra e, quando introduceva la chiave nella serratura, la giacca sul braccio, lanciava un tradizionale: "Sono io!"
E annusava l'aria, indovinando dall'odore quello che c'era a colazione, entrava nella sala da pranzo, la cui finestra era spalancata sullo spettacolo abbagliante della piazza dove cantavano quattro fontane. (...)
Dalla finestra si seguivano macchinalmente gli andirivieni della gente nella piazza che al mattino era piuttosto deserta ma al pomeriggio si popolava di mamme e domestiche che si sedevano nelle panchine sorvegliando i giochi dei bambini.
La piazza fu voluta da Enrico IV. Terminati i lavori nel 1612,
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Simenon G.
giovedì 1 luglio 2010
"La valle delle fate" di George Sand
La piccola Fadette fu una lettura infantile che mi turbò, così come ciò che, qualche anno più tardi, seppi a proposito della sua autrice (che io credevo un autore) e del suo stile di vita. Non ho letto altro di George Sand se non quel primo libro, poi mi è capitato, qualche mese fa, di fissare lo sguardo, per più di qualche minuto, su una sua immagine, in una sala da concerto di Cracovia, ascoltando le note di Chopin (con cui la Sand ebbe una tormentata relazione). Tornata in Italia, in libreria ho cercato qualche suo scritto ed ho trovato un racconto poco noto, con un soggetto, le fate, che mi riportava alla dimensione infantile in cui avevo lasciato la Sand insieme con la piccola Fadette. Ma La valle delle fate della favola ha solo l'aspetto. Le fate sono la traduzione di una condizione d'essere, quella di chi, tentando di sottrarsi al dolore, non vive.
I loro istinti sono così controllati dalla immortalità che non possono aspirare ad un sentimento umano un po' profondo; la stessa amicizia è loro negata come sentimento capace di procurare dolore e scompensare l'equilibrio perfetto e noioso della loro vita. (...) Le fate possiedono la conoscenza e non se ne servono alla nostra maniera, perché non la usano che per ripararsi dal male e dall'insipienza, senza conoscere la gioia e tramandarla agli altri.
Hermann capì ciò che gli mancava nel regno delle fate. Viveva lì coccolato e istruito, protetto e pieno di ricchezze, ma non era amato e non poteva amare nessuno e un giorno disse a Zilla (la fata): "Queste cose non sono altro che sogni, ciò che tu mi mostri non esiste". (...) "Tu mi fai sognare, non mi fai vivere".
da "la valle delle fate" di George Sand ed. Passigli
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