lunedì 8 marzo 2010

Il cavaliere inesistente di Italo Calvino



 L’identità personale è un punto di arrivo, una conquista; è, infatti, il frutto del  confronto continuo  tra la realtà esterna e la personale dimensione interiore (  “... Ad essere si impara.... “ ).



I personaggi


Agilulfo  
                                                                                                                                                                                                             Rappresenta l’uomo che, tutto chiuso in un’idea assoluta di sè e del mondo, si sottrae, di fatto, al rapporto, al contatto diretto con la realtà, precludendosene la conoscenza . La realtà , infatti, complessa e contraddittoria com’è, non potrebbe che mettere in crisi le concezioni astratte e, dunque,  l’ ideale dimensione esistenziale di questo tipo di individuo. Agilulfo è ritratto come una entità immateriale, priva di sostanza, ma dalla forma perfetta. E’ una lucida  e levigata armatura mossa da un’astratta volontà che agisce sulla scorta di un ruolo che pensa di avere, quello di fedele cavaliere dell’esercito di Carlo magno.. Agilulfo non c’è ma vuole esserci e, ligio alle regole connesse alla sua condizione di paladino, tiene sempre desta la coscienza del proprio ruolo, avvertendo che, solo osservando minuziosamente certi cerimoniali, può garantire continuità alla propria  esistenza E’ per questo che, nel momento in cui scopre di non essere ciò che presumeva, si dissolve, svanisce, così come l’idea che sorreggeva la sua volontà.                                                                                                                                    Durante il racconto, Calvino mette più volte in rilievo lo sterile agire di Agilulfo.Tutto ciò che l’impeccabile e fredda armatura fa, si riduce ad astratta forma, vuota di contenuto, priva di concretezza. Emblematica è, in tal senso, la rappresentazione del pranzo dei cavalieri. Agilulfo vi partecipa e, pur non potendo nutrirsi, svolge tutte le operazioni connesse al momento conviviale, con una attenzione e una cura maniacali. Considerando la materia qualcosa di vile, essendo egli stesso pura forma, Agilulfo non può prendere contatto con la concretezza della dimensione esterna a cui oppone le sue illusorie certezze e i suoi perfetti ,quanto inutili, rituali. Nel mancato riconoscimento della realtà delle cose, della loro concretezza è il limite di Agilulfo ed insieme la ragione della sua disumana solitudine.

Gurdulù

Costruito come l’esatto contrario di Agilulfo, Gurdulù rappresenta l’uomo che, non avendo coscienza della propria umanità, non sa darsi una forma, ricercare un individuale  modo d’essere ed è, dunque, condannato a vivere in una dimensione esterna alla propria ed ad identificarsi continuamente con essa.

Rambaldo

E’ un giovane che tenta disperatamente di capire se stesso e gli altri facendo esperienza del mondo. Rambaldo è pronto ad apprendere, a mettersi alla prova ed a confrontarsi con la realtà esterna. Capisce che la verifica dell’essere è nel fare, nell’agire. Ciò gli consente di prendere coscienza della problematicità  dell’essere uomini (  “... Scopriva che tutto era diverso da come sembrava...” ) ( “...e se il mondo fosse un’immensa minestra senza forma? ...).
Rambaldo è l’uomo che cerca le prove d’esserci, sfidandosi, accettando di mettersi in discussione. E’ un uomo in lotta. Non a caso si innamora di Bradamante che incarna l’amore come guerra, contrasto.

Torrismondo

E’ una persona inquieta ed estremamente critica nei confronti dell’umana ipocrisia. Forte del proprio disperato desiderio di verità, è pronta a mettere in discussione le poche certezze che ha.
                       

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